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di Emilio Franconi

Quando il sole pennella di carminio il cielo di Srinagar ed il muezzin intona il takbir vespertino, i viaggiatori si riversano sul lago Dal a bordo delle shikare per godersi la fresca brezza serale.

L’estremità nord -ovest dell’India termina con lo stato Jammu e Kashmir, il quale al suo interno contiene 3 regioni di cultura e religione diverse: il Kashmir mussulmano, il Jammu induista e il Ladakh buddista.
Mi soffermo sulla parte del Ladakh “Terra dagli alti valichi”, che segna il confine tra le vette dell’Himalaya occidentale e l’altopiani del Tibet, infatti chiamato a ragione “Piccolo Tibet” per la somiglianza topografica e culturale con l’altopiano confinante.
Circondato da confini naturali di alte montagne, questa zona è accessibile via terra soltanto da Maggio a Ottobre, negli altri periodi con la chiusura delle vie d’accesso dei passi causa caduta neve, resta isolato dal resto del paese raggiungibile solo per via aerea nei giorni di visibilità. A nord lo separa dalla Cina le vette del Rimo I e Teramo Canguri nella Ladakh Range; a sud le cime della Stok Range si congiungono alla catena della Zanskar, mentre a ovest si trovano le pendici del Nun e del Kun.
La storia narra che i primi abitanti di queste terre fossero stati i Khampa, popolo nomade, allevatori di yak, mentre i primi insediamenti stabili furono fondati da pellegrini buddisti che raggiungevano il monte Kailash, oggi i brokpa sono gli ultimi buddisti indo-iraniani.
Nel IX la cultura ladakhi arrivò oltre la valle dell &aposIndo, ma alla fine del XIV sec. un pellegrino tibetano portò nella regione il buddhismo Gelukpa. In seguito arriverà la conquista mussulmana portando un periodo di prosperità, mentre pressava al nord l’esercito mongolo-tibetano che per respingerlo, il Ladakh dovette allearsi con i Moghul restando indipendente ma con un versamento dei tributi agli alleati.

Il Srinagar, capoluogo della valle del Kashmir. All’arrivo ci trasferiremo nelle particolarissime House Boats, case galleggianti (dove poi pernotteremo) sul Lago Dal. Il lago Dal e il fiume Jhelum sono uniti da un canale circolare che trasforma il centro commerciale della città in una specie di isola collegata da molti ponti. Passeremo una splendida giornata a bordo delle shikara, le tipiche lunghe imbarcazioni a remi simili a gondole con le quali navigheremo sulle acque trasparenti, color giada e ricoperte di ninfee, fiori di loto e orti galleggianti tra i canali di Srinagar. L’acqua è vitale per questa popolazione che una leggenda vuole discendere direttamente da Noè. E sull’acqua, suo elemento per eccellenza, parleremo della Grande Madre, l’aspetto femminile di Dio, e del tantrismo che proprio qui in Kashmir ha visto la nascita di uno dei suo massimi autori, Abhinavagupta.
Srinagar, “la città felice della bellezza e della conoscenza”, è stata per secoli uno dei principali centri culturali e filosofici dell’Asia, come testimoniano i numerosi edifici sacri, come la Moschea del Venerdì, la Moschea di Shah Hamdan e Roza Bal, considerata da alcuni la tomba di Gesù.
I giardini di Moghul, sulle rive del lago Dal, sono i giardini terrazzati tra i più belli d’Oriente. Stretti tra acqua e montagne, ospitano alberi secolari, giganti e maestosi come cattedrali.
Dopo un viaggio in uno stupendo paesaggio, tra le alte montagne, supereremo passo Zujila, a quota 3550 metri, ed entreremo in Ladakh, il cosiddetto Piccolo Tibet, fino alla città di Kargil.

Un altro itinerario attraverso spettacolari paesaggi montani. Sosta a Mulbekh, dove si trovano due gompa, monasteri tibetani buddisti: uno è quello di Lama Yuro che ospita la grotta dove meditò lo yogin e mistico Naropa. Il luogo ideale per continuare a parlare dei rituali tantrici, che comprendono le pratiche psico-energetiche più interessanti al mondo. Di qui, superando due passi, il Namika La (3780 metri) e il passo Fatu La (4091 metri), poi Lamayuru, la cosiddetta città dei Lama, dove si trova il più antico monastero del Ladakh circondato da alti roccioni multicolori dalle fenditure profonde. Il suo nome significa “villaggio dei maestri” perché al tempo del suo massimo splendore ospitò fino a 400 monaci. È in un luogo come questo che l’antica religione del Bon, diffusa nella regione tibetana e preesistente al Buddismo, venne in parte assorbita dal Buddismo Mahayana. Superato poi il passo Khalsi (3350 metri) arriveremo a Uletopko dove ceneremo e pernotteremo in un campo di tende.
Qui vedremo il monastero di Rizong, situato al fondo di una gola e arroccato sulle pendici rocciose della montagna; poi visiteremo il complesso monastico di Alchi, che si rifà alla via riformata dei Berretti Gialli o Gelukpa. Alchi, voluto dal re Atisha, è famoso per i suoi meravigliosi affreschi che raffigurano le diverse manifestazioni dell’unica divinità che si esprime nelle forze dell’anima e della natura.

Lungo la strada ci fermeremo ad ammirare uno spettacolo maestoso: la confluenza dei due fiumi Zanskar e Indo. Poi proseguiremo per il monastero di Spituk, il Palazzo reale di Stok, il complesso di Phyang e Likir, con il suo monastero del secolo XI° che ospita un centinaio di monaci e l’immensa statua del Buddha Maitreya che domina la valle.
Tra gompa, maestosi monasteri, palazzi medioevali e chorten, dove nei secoli si sono accumulati milioni di ciottoli incisi con preghiere e formule sacre, ci lasceremo sorprendere dalla magia degli oracoli e dei dèmoni tantrici che permeano di sé la terra, l’aria, l’acqua e il fuoco, parlando di un mondo “altro”, in cui la magia, e non la ragione, è la guida dello sviluppo umano, un mondo in cui la Terra è Dea e Madre, mai oggetto di sfruttamento, ma fonte del potere immaginale che crea ogni evento della vita. La felicità, non il potere, è l’origine e la meta di quella magia che la ratio ha sconfitto nel corso della storia, ma non ha cancellato del tutto, e che, in alcuni luoghi, come a Leh, è più visibile che altrove.

Sarebbe un peccato non vedere il complesso Qutab Minar, il più alto minareto in mattoni del mondo che con il mausoleo di Himayun è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO; quindi i solenni edifici governativi, il tempio induista Laxmi Narain Mandir e il tempio sikh Gurudwara Bangla Sahib.
Il Kashmir situato nella regione settentrionale del subcontinente indiano, questo Paese ha l’insolita caratteristica di avere due capitali: Jammu – durante la stagione invernale – e Srinagar, per ragioni climatiche più facilmente accessibile in estate.
In cerca di barriere che dividono e ponti che collegano culture e popoli, per la nostra sezione “NotOnlyMed” abbiamo scelto una terra di confine, con un reportage che vi proponiamo in più puntate. Conteso da mezzo secolo tra India, Pakistan e Cina e per molti anni teatro di conflitti, il Kashmir resta una delle regioni più affascinanti dell’India, eppure meno visitate.

Attratti dalle terre di confine contese, colme di storia e di influenze culturali, nonché dalle etnie che le popolano, e stimolati dai progressi nei rapporti fra New Delhi e Islamabad, e dunque da esempi costruttivi di collaborazione, siamo andati a visitarlo.
Storicamente terra di conquista e di commerci, il Kashmir ha ricevuto influenze mediterranee, greche in particolare, ma anche tibetane, cinesi, persiane, che confermano la sua unicità.

Il Kashmir è conosciuto per i suoi laghi – in particolare quello di Dal, con case galleggianti e sottili imbarcazioni di nome shikara -, le sue cime rocciose e i ghiacciai – raggiungibili a piedi e a cavallo -, ma anche per i giardini Moghul, le moschee di legno, i mercati, le stazioni sciistiche, i campi da golf, il trekking, i pellegrinaggi e lo shopping: pashmina, tappeti, zafferano, mazze da cricket, oggetti in cartapesta, gioielli.

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