DI GIUSEPPE DE PIETRO

Il nostro pianeta è in pericolo e ce ne siamo accorti (quasi) tutti. In molti hanno cercato di essere parte del cambiamento e di ripensare al proprio stile di vita in un’ottica più eco-friendly.Per fortuna, ci sono tanti personaggi che, grazie alla loro popolarità, al loro impatto sul pubblico e ad alcune idee geniali stanno diventando determinanti per la salvaguardia dell’ambiente. C’è chi si impegna a indossare capi green, chi a ridurre il consumo di plastica e chi si imbarca con Greenpeace.

Dalai Lama

Che siano scienziati, innovatori, filantropi o appassionati, dietro ogni grande azione ci sono sempre dei fautori di cambiamento. Eccone alcuni da non sottovalutare. Nei mari galleggiano 270.000 tonnellate di plastica destinate a una deriva lunga 450 anni. Invertire la rotta si può, e dipende da noi: la tartaruga strozzata da un sacchetto, la balena con la pancia piena di immondizia, l’isola di rifiuti così grande che ha anche un nome – Great Pacific garbage patch – e galleggia nell’oceano portandosi dietro 87.000 tonnellate di rifiuti: giocattoli, bottiglie, reti da pesca, elettrodomestici, tracce di vita destinate a una deriva lunga 450 anni. Anni che non abbiamo. In attesa che i governi trovino una via di uscita con politiche mirate e condivise (l’ultima buona notizia è che l’Unione Europea ha appena messo al bando la plastica monouso), c’è chi nel mondo corre ai ripari. E siccome il problema si risolve partendo da noi stessi, ecco undici esempi visionari e virtuosi a cui ispirarsi. Per fautori del cambiamento che lottano per il pianeta.

Greta Thunberg

Ognuno di noi dovrebbe interessarsi di tematiche ambientali. Non abbiamo un pianeta di riserva: la Terra è l’unico luogo dove possiamo vivere. Preservare quello che Madre natura ci ha donato dovrebbe essere una nostra priorità. Tutti noi dovremmo essere attivisti per il clima, perché, come ci ha insegnato la giovanissima Greta Thunberg, non si è mai troppo piccoli per fare la differenza. Come l’attivista svedese, diventata famosa a 16 anni per i suoi scioperi per il clima che hanno dato il via a una serie di proteste partite dai ragazzi di tutto il mondo, sono anche molte altre le celebrità che danno il buon esempio per salvare il pianeta.

Jane Goodal

Il cambiamento climatico si sta facendo sentire in ogni angolo del mondo, e dobbiamo assolutamente intervenire. Le temperature stanno aumentando, i ghiacciai si stanno sciogliendo, il livello delle acque si sta alzando e gli eventi atmosferici estremi indicano che i delicati equilibri del pianeta stanno raggiungendo un punto di non ritorno in tutte le zone del mondo.

Kenyan President William Ruto -Ministry-of-Enviroment-Climate-and-Forestr

Tali eventi estremi innescano una serie di effetti a cascata in tutti gli ambiti della natura, deprivando il mondo di habitat, ecosistemi e, non ultime, di specie. E se continuiamo su questa strada, un giorno una di quelle specie sarà la nostra.

L’attività umana ha accelerato il cambiamento climatico, ma sono molte le persone convinte che l’ingegno dell’uomo sia in grado di invertire questa tendenza. I Paesi del mondo si incontrano  – dopo la tumultuosa interruzione dello scorso meeting – per confrontarsi su soluzioni efficaci volte a mitigare la destabilizzazione ambientale.

Principe Alberto di Monaco

Sicuramente uno dei più famosi è Leonardo Di Caprio, che già in tempi non sospetti aveva dato vita a una serie di raccolte fondi per salvare animali in via d’estinzione e per salvaguardare la biodiversità della Terra. Lui ha sfruttato la sua popolarità per dare vita a campagne difesa dell’ambiente e ha anche realizzato film dedicati all’ecologia, tutti da vedere e da far vedere anche ai nostri figli. Lo stesso ha fatto Jane Fonda, finita recentemente in manette proprio per essersi unita al coro di proteste dei giovani per il clima. Anche la collega Emma Watson promuove uno stile di vita sostenibile e cruelty free, soprattutto per quello che riguarda la moda. Mentre Shawn Mendes, oltre a parlare di buone pratiche ecologiste, dà anche il buon esempio: ha bandito la plastica dai suoi concerti e ha anche creato una fondazione per invitare tutti a lottare contro il climate change.

Ridhima Pandey

Un altro personaggio americano famoso in tutto il mondo è Barack Obama, che si è sempre speso, anche da Presidente degli Stati Uniti d’America, per difendere il pianeta e promuovere la lotta ai cambiamenti climatici. Durante i suoi mandati ha puntato molto sulla green economy, per rendere gli USA promotori di uno stile di vita nuovo, più sostenibile. Spesso anche Billie Eilish ha invitato i suoi fan a unirsi a lei nella lotta per un pianeta migliore. 

La scienza è la colonna vertebrale delle politiche ambientali e delle azioni virtuose. Il lavoro di questi sei National Geographic Explorers rappresenta la scienza pionieristica di molti di coloro che sono all’avanguardia della scienza del clima, dello storytelling e della protezione di alcuni dei nostri ultimi luoghi selvaggi.

E a casa nostra? Sicuramente il primo nome che ci viene in mente se parliamo di celebrities ambientaliste è quello dell’attore Alessandro Gassman è tra i portavoce più apprezzati nel nostro paese per quello che riguarda la difesa dell’ambiente. Su Twitter chiede a ognuno di noi di fare la propria parte, con piccoli gesti green che possono davvero salvare il pianeta.

Vannesa Nokate


Sono pochi gli adolescenti nella storia che sono diventati così velocemente iconici come l’attivista svedese Greta Thumberg, che da normale teeneger è passata a essere il simbolo spirituale di un movimento di milioni di persone. Nell’agosto 2018 ha suscitato curiosità: una ragazzina con le trecce e un impermeabile giallo, sovrastata dall’austero colosso del parlamento svedese, che teneva un cartello con scritto a mano Skolstrejkförklimatet (sciopero scolastico per il clima). Per alcuni era una calzante analogia di una gioventù senza voce che si troverà a vivere nell’ambiente futuro che avrà la forma decisa dagli attuali decisori politici. Solo 18 mesi più tardi Greta Thunberg chiamava severamente i leader mondiali a rendere conto delle proprie responsabilità in occasione della COP25, a nome di un’intera generazione di giovani che chiedono un cambio di rotta. Gli appelli diretti e accorati di Greta, ora 18enne, hanno incoraggiato attivisti di tutto il mondo ad esprimersi e a farsi sentire, in quello che alcuni commentatori hanno definito come “forse il più grande movimento internazionale della storia dell’uomo”. 

Julia-Hill

 
Figura la cui presenza da oltre mezzo secolo è sinonimo di vera passione per il mondo naturale, Sir David Attenborough divulgatore scientifico e naturalista continua a carpire l’attenzione e l’ascolto di spettatori di tutte le età con la credibilità della propria voce. Attraverso documentari come Life (Vita, NdT) e Blue Planet (Pianeta blu, NdT) ma anche lavori più impegnativi come Climate Change: The Facts (Cambiamento climatico: i numeri, NdT) per la BBC, Attenborough ha raccontato al pubblico britannico momenti decisivi per una presa di coscienza collettiva su questioni quali l’inquinamento degli oceani, la perdita di biodiversità e l’impatto umano sul pianeta. A 95 anni, continua – e sempre più – a prestare la propria voce per iniziative ambientali come The Earthshot Prize.   

Malala Yousafzai

Jane Goodall primatologa e attivista passerà alla storia per il suo lavoro con i primati, ma anche l’attivismo educativo e pragmatico tipico della scienziata di origini britanniche continuerà a echeggiare nelle future generazioni. I suoi studi sugli scimpanzé del Parco nazionale del Gombe Stream nel 1963 hanno fornito importanti nuovi spunti sugli aspetti dell’intelligenza e del comportamento di questi animali e sulla loro somiglianza all’uomo. Jane Goodall, ora 87enne, ha dedicato la propria vita alla difesa dei diritti degli animali e a mettere in discussione il modo in cui la società vede “coloro che non hanno voce”. 

Arnold Alois Schwarzenegger


In qualità di segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è responsabilità implicita della Espinosa rappresentare una presa di posizione unitaria contro la destabilizzazione del clima, in un momento che molti esperti considerano un punto di non ritorno. La diplomazia della predecessora di Espinosa, Christiana Figueres portò alla redazione dell’Accordo di Parigi nel 2015; tra la difficoltà delle preparazioni della COP26 e una pandemia che ha fatto deragliare quasi ogni aspetto del processo diplomatico, la responsabilità di Espinosa nel portare avanti un compito collettivo non potrebbe essere più definita. Parlando a The Observer, Espinosa ha detto: “le negoziazioni formali non sono state avviate per la mancata possibilità di incontrarsi di persona. Quindi abbiamo molto lavoro da svolgere, e pochissimo tempo per farlo”.

Ayisha Siddiqa


Victoria Herrmann è amministratrice delegata del think tank The Arctic Institute e National Geographic Explorer; il suo lavoro nella comunicazione sul cambiamento climatico e in particolare sull’uso dei media e l’importanza dello storytelling nello spronare le azioni per contrastare il cambiamento climatico le sono valsi la nomina di Forbes nella sua lista 30 under 30 (30 sotto i 30 [anni di età]). “Penso di essere innanzitutto un’ascoltatrice, e poi un elemento di collegamento”, ha detto Herrmann in un video in cui racconta il suo viaggio attraverso gli Stati Uniti e i suoi territori, durante il quale ha realizzato oltre 350 interviste a leader locali e a chi vive in prima persona le conseguenze del cambiamento climatico. “In ogni storia di cambiamento climatico c’è speranza”, aggiunge, “si tratta di trovare le soluzioni giuste”.

Sir David Attemborough

Tom Matthews Docente di Scienze del clima presso la Loughborough University nel Regno Unito, Matthews è un National Geographic Explorer specializzato in interazione dei sistemi terrestri ed eventi estremi. Nell’ambito della spedizione Extreme Everest Expedition del 2019 – nel contesto del progetto Perpetual Planet. Matthews ha fatto parte del team meteorologico che ha condotto le analisi scientifiche più approfondite sulle attuali condizioni della montagna. Lo scopo della spedizione era studiare gli effetti del cambiamento climatico sui più alti ghiacciai della terra e tracciare lo stato di salute di quella che è la fonte d’acqua di oltre mille milioni di persone. La spedizione è riuscita a installare la stazione meteorologica terrestre più alta del mondo, che consentirà il monitoraggio in tempo reale delle più alte vette del pianeta. Il team è riuscito anche a prelevare il campione di ghiaccio di più elevata altitudine e a raccogliere la microplastica più alta mai trovata: a oltre 8.400 metri, sui pendii sommitali dell’Everest.

Isla Myers-Smith, ecologa e analista ed Il cambiamento nei sistemi vegetali della tundra artica è un segnale critico di cambiamenti su più larga scala nel clima globale, e insieme agli incendi in Siberia e all’estesa entità dello scioglimento del permafrost circumpolare – essenzialmente la “cassaforte” di alcuni tra i più densi depositi di carbonio del mondo – si tratta di un’area che fornisce informazioni indicative in termini di cambiamento climatico. La ricerca di Isla Myers-Smith, Chancellor’s Fellow presso l’Università di Edimburgo , è incentrata su quello che è considerato essere uno dei segni più evidenti del cambiamento climatico: il cosiddetto “inverdimento” dell’Artide. L’uso della tecnologia – come ad esempio i droni e le osservazioni dal satellite – per tracciare come cambia la copertura della vegetazione sta consentendo agli scienziati come Myers-Smith di comprendere meglio i cambiamenti che potrebbero impattare sull’equilibrio tra il naturale stoccaggio di carbonio e il rilascio dello stesso nell’atmosfera, con conseguenze potenzialmente devastanti.

Xiye Bastida Climate Action


La conservazione degli oceani è la missione di Enric Sala: ecologo marino, ex docente universitario è il fondatore di Pristine Seas, il progetto lanciato nel 2008 e ancora in corso che mira a proteggere il 30% degli oceani del mondo entro il 2030. Per ora l’iniziativa è riuscita a proteggere oltre 6 milioni di chilometri quadrati di oceano e ha creato 24 riserve marine: aree che permetteranno la gestione e la rigenerazione delle ecologie e delle risorse in quello che Sala chiama il “sistema di supporto vitale” del pianeta.

Intan Suc Nurhati paleoclimatologa ed è evocativo: questa usa le strutture di coralli e alberi come archivio naturale della nostra influenza sul pianeta. La chimica dei carbonati che nel tempo formano i coralli contiene una “firma” che è indicativa delle condizioni in cui questi si sono depositati, consentendo agli scienziati come Nurhati di rilevare le variazioni verificatesi in molti aspetti del clima nel corso di lunghi periodi di tempo. L’obiettivo di Nurhati è comprendere l’entità dell’impatto umano su tali condizioni, usando queste “strutture di memoria” naturali. Ricercatrice presso l’Indonesian Institute of Sciences (LIPI, Istituto indonesiano delle scienze, NdT), Nurhati ha partecipato al Sesto report di valutazione del prossimo Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC). 

Luis Daniel Llambi, ecologo di montagna è un exploratore presso l’Università delle Ande in Venezuela. Attraverso il suo progetto El último glaciar de Venezuela (L’ultimo ghiacciaio del Venezuela, NdT), Llambi ha stabilito che il ghiacciaio Humboldt sta per scomparire a causa del cambiamento climatico. Quando ciò accadrà il Venezuela sarà il primo Paese andino ad aver perso tutti i suoi ghiacciai – e le relative importanti fonti d’acqua per la popolazione. 

In tutto il mondo i giovani stanno diventando attivi facendosi sentire sull’emergenza climatica; ma la voce di coloro che stanno già risentendo delle conseguenze del cambiamento climatico spesso rimane inascoltata. Queste sei persone, con profili diversi, dall’inviato al giornalista al fotografo, vengono raccontate insieme ad altre 24 nel libro We Have A Dream: Meet 30 Young, Indigenous and People of Colour Protecting the Planet (Abbiamo un sogno: ecco 30 tra giovani, indigeni e persone di colore che proteggono il pianeta, NdT) di Mya-Rose Craig, (ed. Magic Cat).

Vanessa Nakate, attivista per la giustizia climatica dell’Uganda, Nakate iniziò uno sciopero per il clima fuori dai luoghi pubblici nella capitale Kampala nel 2019, dopo essere stata testimone dell’impatto del cambiamento climatico nelle comunità dipendenti dall’agricoltura vicino a dove abita. Più tardi, in qualità di fondatrice di Youth for Future Africa (I giovani per l’Africa del futuro, NdT) ha fatto parte di un gruppo di attivisti – inclusa Greta Thunberg – che hanno parlato alla COP25 a dicembre 2019. Nel gennaio 2020, dopo l’intervento di Nakate al Forum economico mondiale a Davos, l’Associated Press ha tagliato Nakate dalla fotografia in cui era stata ritratta a sinistra di altri quattro attivisti bianchi. “La stampa ha parlato dell’intervento di tutti, tranne del mio. E sono stata tagliata dalla foto… è stata la prima volta in vita mia in cui ho davvero capito cosa significa la parola razzismo”. L’incidente è stato riportato come indicativo dell’emarginazione delle voci in prima linea sul cambiamento climatico, e Nakate è diventata una figura di spicco nella lotta per l’uguaglianza razziale nell’ambito dell’attivismo ambientale.

Brianna Fruean, attivista ed educatrice nativa di Samoa, Fruean conosce molto bene l’interrelazione tra cambiamento climatico e innalzamento del livello del mare: questa catena di isole nel sud dell’oceano Pacifico si trova sul punto in cui due placche tettoniche si scontrano, causandone l’abbassamento, acuendo il problema del tasso di aumento del livello del mare già superiore alla media. All’età di 11 anni fondò una sede del gruppo di pressione sulle rinnovabili chiamato 350, e fece un intervento presso la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile nel 2012, quando aveva 15 anni. Educare i giovani – “la prossima generazione di leader” come li chiama in We Have A Dream – sulle realtà del cambiamento climatico e sull’importanza delle loro conseguenze a livello umanitario è l’obiettivo principale dell’attivismo di Fruean.

Zanagee Artis, Cofondatore originario del Connecticut, nel 2017 Artis ha fondato il movimento ambientalista giovanile Zero Hour, insieme agli altri attivisti Jamie Margolin, Nadia Nazar e Madelaine Tew. Come si riporta sul loro sito web, Zero Hour è nato dalla frustrazione per “l’inattività dei rappresentanti eletti e per il fatto che la voce dei giovani rimane perlopiù inascoltata nel dibattito sul cambiamento climatico”. Il movimento è cresciuto, con manifestazioni coordinate e organizzate da una rete sempre più estesa di giovani ambientalisti in tutti gli Stati Uniti. Zanagee, in qualità di responsabile logistico, ha partecipato all’organizzazione e alla gestione di alcune delle prime proteste giovanili sul clima che hanno raggiunto le prime pagine dei giornali. Una grande marcia per il clima organizzata a Washington D.C. a luglio 2018 ha portato alla crescita di attività satellitari in tutto il mondo e alla realizzazione di manifestazioni di gruppi di pressione simili, finché il 20 settembre 2020 attivisti di tutte le età in circa 185 Paesi misero in atto quello che si ritiene essere il più grande sciopero per il clima mai avvenuto nella storia.

Javier Cang, fotografo è un narratore visivo che usa l’immaginazione per evidenziare gli effetti – e la posta in gioco – del cambiamento climatico. Cresciuto nelle Filippine, Cang ha potuto osservare in prima persona i cambiamenti avvenuti nel tempo e ha iniziato a condividere immagini attraverso la piattaforma dei suoi tanti follower su Instagram. Attualmente è studente presso l’Università di Auckland, con un particolare interesse alla finanza sostenibile; la sua attività in campo ambientale ha ricevuto un ampio riconoscimento pubblico quando in qualità di unico ambasciatore delle Filippine ha partecipato a The Earthshot Prize nel 2020 con un cortometraggio presentato per la categoria “Puliamo l’aria” . 

Scarlett Westbrook, attivista e giornalista di origini britannico-kashmire Westbrook si dedica alla promozione di una migliore istruzione sui temi del cambiamento climatico nelle scuole. Attraverso Teach the Future, una campagna per “una più ampia istruzione sul clima nel Regno Unito”, la Westbrook mette in discussione i metodi di insegnamento tradizionali che contemplano aspetti colonialistici e prospettive di emarginazione delle popolazioni indigene. A seguito delle proteste sul clima di settembre 2020, Westbrook scrisse su The Independent: “Da secoli le popolazioni del sud del mondo ci avvertono di questo. Hanno attuato le azioni che potevano, ma noi [le popolazioni del nord del mondo] siamo andati avanti con il nostro complesso di superiorità, senza badare alle loro parole”.  

Caitlyn Baikie, ambientalista e attivista per i diritti degli indigeni nata a Nunatsiavut, nel nord del Canada, Baikie si batte per un maggiore riconoscimento del punto di vista degli indigeni nel dibattito sul cambiamento climatico – e delle conoscenze che possono trasmettere le persone che ne stanno già subendo l’impatto. In una citazione riportata in We Have a Dream, Baikie afferma: “Il nostro contributo alle cause del cambiamento climatico sono minime, eppure siamo tra quelli che ne subiscono maggiormente le conseguenze”.

The Earthshot Prize, organizzato dalla Royal Society, è un progetto decennale che mira a ispirare soluzioni che inneschino un cambiamento effettivo: ogni anno viene assegnato 1 milione di dollari per ognuna delle cinque innovazioni che rappresentano una potenziale soluzione scalabile per le cinque questioni ambientali critiche previste. A ottobre 2021 sono stati annunciati a Londra i primi vincitori dell’Earthshot Prize, che con le seguenti iniziative hanno illuminato la strada della lotta ai rifiuti, all’inquinamento atmosferico e al cambiamento climatico e verso il ripristino degli oceani e della natura. 


La decimazione delle barriere coralline in tutto il mondo a causa dell’aumento delle temperature e dell’acidificazione delle acque oceaniche ha provocato una crisi di biodiversità in aree che un tempo pullulavano di forme di vita. L’azienda Coral Vita nelle Bahamas – fondata dagli imprenditori Gator Halpern e Sam Teicher – bioingegnerizza i coralli in serbatoi gestiti sulla terraferma, usando un processo di “evoluzione assistita” per coltivare ceppi a rapida crescita resistenti alle nuove condizioni. Questi coralli vengono poi trapiantati nelle barriere più colpite nella speranza che attecchiscano e prosperino.

Takashar, tecnologia agricola è un’impresa sociale indiana volta a trovare soluzioni per il problema dell’inquinamento atmosferico e del rilascio del carbonio causati dall’abbruciamento dei rifiuti agricoli, che ammontano a un valore di quasi 103 miliardi di euro a livello globale. Takashar propone un dispositivo che converte i rifiuti che verrebbero bruciati in utili sottoprodotti, come ad esempio fertilizzanti e biocombustibili. Inoltre l’azienda, fondata da Vidyut Mohan e Kevin Kung, ritiene che il 98% di riduzione dei fumi, che il loro dispositivo consente, possa migliorare l’aspettativa di vita e la qualità dell’aria in aree specifiche, nonché ridurre le emissioni di anidride carbonica di miliardi di tonnellate all’anno, se adottato globalmente.


La decisione della velista oceanica da record MacArthur di lasciare la vela agonistica nel 2009 le ha aperto le porte di una nuova carriera con l’istituzione della Ellen MacArthur Foundation, un ente di beneficenza dedicata alla ricerca nell’ambito dell’economia circolare. Il modello circolare, che si concentra sulla riduzione dei rifiuti mediante il riutilizzo e il riciclo di oggetti e materiali, mira ad abbattere il costo ambientale dei metodi produttivi non sostenibili in tutti i settori, dalla moda all’agricoltura, e in tutti i passaggi intermedi. In una nuova prefazione alla relazione della Fondazione Completing the Picture: How the Circular Economy Tackles Climate Change (Un quadro completo: ecco come l’economia circolare affronta il cambiamento climatico, NdT) MacArthur fa riferimento a quanto si afferma nella relazione stessa, ovvero che il 45% delle emissioni deriva dal “modo in cui produciamo cibo e prodotti …[e] se vogliamo ripristinare l’equilibrio climatico, dobbiamo trasformare l’economia, e non solo il modo in cui viene alimentata”.


Le star di Hollywood detengono una potente moneta sociale, che alcuni hanno scelto di usare a beneficio del pianeta. L’attore Leonardo DiCaprio ha usato il palcoscenico sul quale ha ricevuto l’Oscar nel 2016 per esprimere il proprio punto di vista sulla crisi climatica davanti a decine di milioni di spettatori: “Dobbiamo smettere di procrastinare e supportare i leader mondiali che non parlano per i grandi inquinatori ma per tutta l’umanità, per le popolazioni indigene del mondo, per i miliardi di persone svantaggiate che saranno le più colpite dal problema… e per tutte le persone del mondo la cui voce è stata soffocata dalla politica dell’avidità”. Non è stato un gesto buttato lì: quando fece questo discorso, DiCaprio era già a capo dell’omonima fondazione, dedicata a “rispondere alle minacce più urgenti dell’umanità” da 18 anni. Finanziando iniziative di impatto in tutto il mondo, al suo 20° anniversario la Leonardo Di Caprio Foundation aveva assegnato oltre 100 milioni di dollari (circa 86 milioni di euro) sotto forma di donazioni e sovvenzioni a 200 progetti – e l’attore era diventato messaggero di pace dell’ONU, oltre ad apparire in una serie di documentari, tra cui Before the Flood.  


Bill Gates, cofondatore di Microsoft, è attualmente la quarta persona più ricca del mondo. È inoltre autore di un libro sul cambiamento climatico, nonché la spina dorsale di una serie di attività di innovazione mirate a trovare soluzioni tecnologiche per, tra gli altri scopi, ridurre le emissioni di carbonio per arrivare alle cosiddette zero emissioni nette entro il 2050. Gli interessi e la posizione finanziaria di Gates danno alle attività filantropiche della fondazione che co-presiede con l’ex moglie Melinda una base estremamente stabile. Inoltre, i Gates si sono uniti all’amico miliardario Warren Buffet per lanciare The Diving Pledge, un’iniziativa mirata a incoraggiare i super-ricchi a usare le loro risorse per l’umanità. I cauti avvertimenti fatti dai Gates riguardo alla minaccia di un virus infettivo pericoloso per l’umanità, e le successive donazioni della sua fondazione per lo sviluppo dei vaccini lo hanno messo nel mirino di teorie complottiste. Questo, a dispetto del riconoscimento unanime della sua generosità, dimostra quale possa essere il complesso costo della filantropia a questi livelli.


La conservazionista americana e AD fondatore del marchio di abbigliamento Patagonia è patrona ONU delle aree protette Kris Tompkins, attivista per i territori selvaggi nonché a capo della Tompkins Conservation, la fondazione che avviò con il marito Doug Tompkins prima della morte di quest’ultimo a seguito di un incidente mentre faceva kayak nel 2015. Doug aveva fondato il marchio The North Face, e la coppia ha lavorato insieme in attività di protezione di territori selvaggi, in particolare in Argentina e Cile, arrivando a proteggere 5,6 milioni di ettari, che sono diventati 13 parchi nazionali di cui è stato ripristinato lo stato selvaggio a opera dei team locali. “È stata un’idea di Doug quella di cercare l’opportunità di comprare ampie aree di terreni privati per poi metterli insieme e riportarli allo stato selvaggio sotto forma di parchi nazionali”. “Non credo possa esistere una conservazione a lungo termine senza avere allo stesso tempo dei benefici a lungo termine – siano essi economici, sociali o culturali – per le comunità vicine”.

Penny_Whetton


Moore è stato cofondatore del colosso dei processori Intel, quindi ha senso che il miliardario californiano abbia deciso di devolvere una considerevole parte della ricchezza della propria famiglia al progresso tecnologico e scientifico. La filantropia di Moore, attuata dalla Gordon and Betty Moore Foundation, ha finanziato una lunga serie di progetti – dai telescopi alle scuole infermieristiche – ma è in ambito ambientale che le loro donazioni sono state di più ampia portata. Dal 2001 la fondazione ha aiutato a conservare quasi 69 milioni di ettari in Amazzonia, puntando sulla gestione efficace dei territori degli indigeni. Nella propria dichiarazione di finanziamento, la coppia scrisse “Cerchiamo un cambiamento durevole, non un semplice ritardare le conseguenze di qualche tempo”. La fondazione devolve circa 400 milioni di dollari (circa 345 milioni di euro) in donazioni ogni anno.

Suntime Magazine si impegna a incoraggiare azioni positive a livello individuale per aiutare a mitigare il cambiamento climatico. In occasione della COP26 scopri nuovi modi in cui tutti noi possiamo ridurre il nostro impatto sul pianeta.

Nel 2010 degli atti isti hanno attraversato il Pacifico con un catamarano, il Plastiki, costruito con 12.500 bottiglie di plastica. Hanno navigato 125 giorni, da San Francisco a Sidney, per accendere i riflettori sul problema della plastica negli oceani. Si tratta di uno dei Il rampolli più giovane della dinastia dei banchieri Rothschild non ha abbandonato la battaglia. Ora lo fa con una linea di abbigliamento sostenibile, Lost Explorer. Il suo motto? «Fare società con la natura».

Prime Minister Narendra Modi

Anne De Corbuccia mentre compone un’installazione con i rifiuti di plastica
Gira il mondo con un teschio e una clessidra, e compone installazioni con quello che raccoglie (detriti, rifiuti, bottiglie di pastica) per lanciare un messaggio: «Il pianeta sta morendo e il tempo che abbiamo per salvarlo è quasi scaduto». All’ultimo festival di Venezia ha presentato One Ocean, film con cui lancia una crociata contro la plastica. Che «sarebbe già vinta, se tutti smettessimo di usarla».

Barack Obama in riva all’Oceano sarà che ha passato l’adolescenza sulle spiagge di Honolulu, ma nessun presidente degli Stati Uniti ha fatto più di lui per gli oceani. Ha creato la prima riserva marina dell’Altantico, ingrandito quelle del Pacifico e aumentato di 20 volte le acque protette lungo la costa. Ha contrastato la pesca illegale e sostenuto politiche mirate a ridurre l’impatto ambientale.

Lo zaino Falabella Go. Se esiste un podio dell’ecologista fashion, il gradino più alto tocca a Stella McCartney (a pari merito con Vivienne Westwood). Nel 2017 con Parley for the Oceans (network di creativi per la tutela della vita marina) ha iniziato la sua battaglia contro la plastica. Ultima iniziativa, 50 zainetti Falabella GO, realizzati in plastica marina. Serviranno per finanziare la storica organizzazione Sea Shepherd.

Paul-Watson-environmental

Yvan Bourgnon, velista svizzero ed è uno dei velisti più celebri, abituato a imprese al limite dell’umano (come attraversare in solitaria l’Oceano Artico su un catamarano senza cabina). Nel 2016 ha fondato l’associazione The Sea cleaners, e ha costruito un catamarano lungo 70 metri che, navigando, raccoglie la plastica che incontra e può stoccarne fino a 250 tonnellate e 600 metri cubi.

Nina-Gualinga-attivista

Alex Bellini Italiano, esploratore, quarantenne, è celebre per le sue imprese, come attraversare il Pacifico in solitaria su una barca a remi. La sua nuova avventura si chiama 10 rivers 1 ocean. «Navigherò i 10 fiumi più inquinati del pianeta e poi il Pacifico, su imbarcazioni che costruirò con i detriti raccolti lungo le rive», dice. Un mese fa è partito per la prima spedizione: percorrere il Gange, da Varanasi a Calcutta. L’obiettivo? Raccontare il viaggio della plastica fino al Great Pacific garbage patch.

Boyan Slat, ingegnere che salverà gli oceani ha 24 anni ed è olandese. A 16 anni propone una ricerca scolastica sull’inquinamento da plastica e ipotizza un sistema passivo che sfrutti le correnti oceaniche per raccogliere i rifiuti. Per costruirlo, a 19 anni, fonda un’ong di ingegneri (The Ocean cleanup). Il risultato di quel sogno visionario è stato calato nelle acque di San Francisco per un primo test il 9 settembre scorso. Dal 2020 andrà a ripulire il Great Pacific garbage patch.

Jamie Margolin, Climate Justice Activist

Attrice, modella e attivista: Emma Watson non solo si dichiara femminista e si impegna per la parità di genere (da anni è ambasciatrice delle Nazioni Unite per l’empowerment femminile), ma anche nella lotta al climate change, promuovendo brand di moda ecosostenibili e cruelty free. È appena diventata membro del Consiglio di Amministrazione del gruppo Kering, proprietario di Gucci. Non a caso, è stata nominata a capo del comitato per la sostenibilità: «Mi auguro di poter influenzare delle decisioni che magari avranno delle conseguenze sulle generazioni future e sul mondo che lasceremo loro». Senza contare che l’ex strega più brillante di Hogwarts è anche sostenitrice di Good On You, un’app che permette ai consumatori di verificare l’impatto ecologico dei marchi di abbigliamento. Pensate che, in uno shooting pre pandemia, ha indossato un abito messo per prima volta a 15 anni: «Non butto via niente e, se posso, riutilizzo», ha spiegato. Ve la ricordate al Met Gala del 2016 vestita di plastica riciclata? Be like Emma, be part of the change!

Christiana Figueres

Shawn Mendes green influences per lui, il rispetto e la tutela dell’ambiente passano soprattutto da ciò che succede quando è sul palco: è per questo che si impegna a rendere i suoi concerti in giro per il mondo più green ed eco-friendly: pensate solo che, per il tour in Nord America del 2019, ha eliminato tutte le bottiglie di plastica a favore di quelle riciclate di Flow, di cui è volto e ambassador, un brand che, per il packaging, utilizza solo carta e materiali di origine vegetale, come gli scarti delle piante. In più, ha cercato di ridurre al minimo le emissioni di carbone appoggiandosi a Reverb, un’associazione no profit che aiuta i musicisti e gli organizzatori di eventi a rispettare la natura: gli avanzi di cibo vengono compostati o regalati alle comunità e ai senza tetto, così come i cosmetici e i prodotti beauty utilizzati dagli addetti ai lavori. Con la Shawn Mendes Foundation, poi, invita i fan a partecipare attivamente alla lotta per il climate change, contro il bullismo e per i diritti di tutti. Parafrasando una sua hit, I know I can treat (planet) better!

Cameron Diaz

Javier Goyeneche imprenditore madrileno, 48 anni, nel 2009 incontra per caso un pescatore che gli racconta di quanti rifiuti raccoglie con le sue reti. Javier ha una folgorazione: usare quei rifiuti per produrre capi di moda sostenibili al 100 per cento. Vende la sua azienda e ne fonda un’altra che chiama Ecoalf. Nel 2015 lancia un progetto di economia circolare che coinvolge i pescatori spagnoli (e poi thailandesi) per raccogliere rifiuti. Ha riciclato più di 70 milioni di bottiglie e oltre 80 tonnellate di reti da pesca (ma anche pneumatici, tessuti, fondi di caffè). La linea della prossima stagione sarà prodotta ripulendo le spiagge delle isole thailandesi Phuket e Koh Samui.