di Giuseppe De Pietro

C’era una volta il viaggio nell’Oriente islamico che faceva sognare, e partire, schiere d’artisti vagabondi, scrittori, eremiti, esteti, avventurieri e dame stravaganti.
Si andava per deserti sconfinati, sotto cieli di vivide stelle, alla scoperta di luoghi e città favolose per abbeverarsi alle fonti della sapienza antica, alla ricerca di emozioni forti e nuovi stili di vita o di “qualcosa” d’indefinito, di magico, ch’era vano cercare in Occidente.
Si era attratti dalle gaudenti atmosfere degli hammams (bagni turchi), dei caravanserragli, degli harem, ma anche dal seducente mistero di una civiltà nata fra le aride sabbie e impostasi, con la spada e col libro, sopra popoli e paesi evoluti, dal passato di gran lunga più illustre e remoto Sana’a, erano le gemme più preziose di questo
mirabolante Oriente. Pier Paolo Pasolini lo considerava “il paese più bello del mondo”. Anche oggi le antiche città e il deserto per secoli attraversato dalle carovane dei mercanti di pepe e caffè possono dare emozioni indimenticabili, nonostante la modernità che le assedia sempre più davicino e rischia di cancellarne il fascino millenario.

Finalmente Sana’a tanto sognata con le sue case delle mille meraviglie offre tutto il suo splendore ai nostri occhi. Rimaniamo incantati dal fascino che emana da questa città fondata da Sem, a cui deve il suo nome. Oggi ancora quasi tutta la città custodisce la sua originale architettura, la sua bellezza voluta dai suoi abitanti: estetismo dalle
linee perfette delle case, torri che fanno la gara con i minareti per assicurarsi la vittoria toccando per prime il cielo. Ovunque pennellate di colore, quasi un dipinto impressionista dove l’azzurro domina per il cielo, il bianco per le finestre, il color sabbia per le case e il verde per gli orti che s’indovinano quando si aprono i portoni.
Folla, calore, odori, umidità, grida, muggiti degli animali in esposizione, pigia, spintoni, risate, contrattazioni, visi chiusi che riflettono, folla bianca a perdita d’occhio… qui è il dominio degli uomini in abiti tradizionali immacolati: siamo al grande mercato di Bay El Faqid. Qui tutto si vende e si compra: cordami, briglie per gli animali, bestiame e alimentari, qui già dall’alba, si viene da ogni parte per quel grande giorno con la speranza di potere realizzare buoni affari. L’aria satura di odori e umidità fa girare la testa, ci sentiamo talmente assorbiti da quella ressa da non capire più se siamo turisti o yemeniti.
Sabbia chiara, palmeti, battelli di legno, spiagge deserte, notti afose, capanne di cordame, è il regno di Ahmed, gestore di una minuscola guest house lungo il Mar rosso. Ahmed aspetta sempre seduto su una panchina di paglia sgangherata il viaggiatore che si è perso lungo la costa. Un bagno nel mare tiepido al crepuscolo, il sapore di un pesce alla griglia e Al Rora diventa per noi il più bel lido al mondo.
Il viaggio prosegue per Marib dove il mistero della regina di Saba aleggia ancora e l’incontro con Alì, il nostro autista, è un suo dono; non voleva prendere dei turisti per rientrare presto a Radà ad abbracciare il suo ultimo figlio che non conosceva ancora. Il nostro itinerario prevedeva una sosta in quella città per ammirare le vecchie finestre di alabastro e cosi ci accettò come compagni di viaggio e fummo anche invitati qualche giorno a casa sua. Ali conosceva tutto: oltre ai posti migliori, ci fece incontrare persone interessanti e capire la cultura e le tradizioni yemenite, e con lui scoprimmo Shibam.
All’uscita dell’arido Rub Al Kali, dopo dodici ore di traversata accompagnati dai beduini, dei loro Kalashnikov, e la condivisione di un te nel deserto, Shibam, la Manhattan del deserto, appare come un miraggio in uno scrigno di palme. Stessa visione che avevano i carovanieri sulla via delle spezie.
Shibam, con i suoi grattacieli di oltre otto piani protetta dall’UNESCO,risuona nelle sue viuzze delle risate dei bambini, dei zoccoli delle capre alla ricerca di cibo, delle chiacchiere delle donne, ombre nere che circolano attente a non cadere sui marciapiedi disuguali.
Shibam, dove i pittori seduti su delle effimere e fragili altalene a più di dieci metri dal suolo, decorano le finestre con la calce color neve, cantando.
Shibam, dove la notte il gioco delle luci attraverso le finestre di vetro colorato ci mormora dei racconti fantastici e le ombre fuggitive degli ultimi ritardatari si trasformano in odalische e sultani.
Shibam, che dal jebel vicino s’infiamma al crepuscolo per lasciare a malavoglia il posto alla luna rendendo inquietante le ombre delle palme e Shibam cade nel silenzio, portando con sé i nostri sogni e ricordi per sempre impressi nel nostro cuore.
….E il giorno si alza su Bokur, questo villaggio isolato su un altopiano sembra aspettare il suo principe come la Bella Addormentata. Illusione o realtà queste case che giocano a nascondino con la montagna permettendo alle pietre di color sabbia rosa di riflettere i raggi del sole per meglio fondersi nel paesaggio e non farsi scoprire?
Lo Yemen è cosi: si nasconde per meglio essere scoperto, i suoi uomini così fieri sono sempre pronti a difendere l’onore e solo un viaggiatore attento e paziente potrà incontrare l’anima profonda dell’Arabia Felix.Uno dei suoi più appassionati ammiratori era Pier Paolo Pasolini, che bello del mondo”, e la sua capitale “una Venezia selvaggia sulla polvere”. Oggi, all’alba del terzo millennio, è difficile dargli torto: in un mondo globale sempre più omologato, lo Yemen rimane un paese a parte, dove si possono ancora vivere delle vere avventure in bilico tra passato e presente. Forse a causa del suo secolare isolamento geografico, che l’ha protetta dalla cupidigia dei più potenti condottieri dell’antichità, questa nazione ha mantenuto ancora intatte le caratteristiche naturali che l’avevano resa famosa fin dall’antichità, quando era la sede del favoloso regno della Regina di Saba, fiorito mille anni prima di Cristo. Allora la chiamavano “Arabia felix”, una terra fertile e prosperosa, da dove partivano le carovane per portare le migliori qualità di incenso e mirra migliaia di chilometri più a nord, fino ai templi della Roma imperiale. Miniere d’oro e d’argento, piantagioni di caffè e cave di alabastro hanno fatto la fortuna dell’Arabia felice, abitata da un popolo fiero e curioso, saggio e sereno. Dopo tanti secoli, la situazione non è molto cambiata: l’atmosfera che si respira per le strade di Sana’a, la “Venezia sulla polvere” tanto amata da Pasolini, è ancora quella dei racconti delle “Mille e una notte”, che ispirarono il celebre film del regista.
Ogni viaggio nel cuore dell’Arabia Felix comincia da questa splendida città, che dista da Roma soltanto cinque ore di aereo. All’ombra dei suoi palazzi di pietra con le candide finestre traforate come antichi merletti o per le stradine del coloratissimo suq, dove mercanti dai visi scavati dal tempo vendono datteri e incenso, mirra e pistacchi sulla
porta dei caravanserragli medievali, la capitale presenta le sue architetture più preziose. Dopo il primo colpo d’occhio, se volete sapere qualcosa di più sulla storia dello Yemen vi consigliamo una visita al Museo Nazionale, dove sono custoditi i reperti archeologici provenienti da Ma’rib, l’antica capitale della regina di Saba. E poi
confondetevi nella folla che riempie di colori e profumi le strade della vecchia Sana’a, dove le donne vestite di nero hanno il volto coperto dal velo e gli uomini esibiscono con orgoglio lo jiambiya, il caratteristico pugnale dalla punta ricurva legato alla vita con un largo cinturone ricamato. Più che un’arma, è un simbolo di virilità (infatti i ragazzi
lo indossano a partire dai dieci anni) e di status sociale: i più preziosi hanno il manico di corno di rinoceronte, che cambia colore con le variazioni di temperatura. Un’usanza che secoli fa era diffusa anche in altre parti del Medio Oriente, ma ora sopravvive soltanto nello Yemen, un paese molto legato alle tradizioni, dove ancora oggi tutti i
pomeriggi gli uomini si riuniscono per masticare insieme il qaat. Si tratta di una “droga sociale” ricavata dalle tenere foglioline di una pianta che cresce sugli altipiani intorno a Sana’a, che vengono masticate per ore ed ore, in modo da ottenere un effetto eccitante edenergetico. Se ve la offrono, non rifiutate: dopo un po’ di tempo vi
sentirete davvero in forma! Prima di lasciare Sana’a dovete raggiungere Dar Al Hajar, il “palazzo sulla roccia”, dove ha vissuto i suoi ultimi giorni l’Imam, ultimo sovrano dello Yemen, a quindici chilometri dalla capitale. Abbandonato nel 1962, recentemente è stato restaurato alla perfezione e aperto agli stranieri, che possono visitare liberamente le sale illuminate da finestre con vetri colorati, secondo la tradizione yemenita, e le terrazze inondate dal sole e affacciate sulle valli che circondano Sana’a, costruita su un altopiano circondato da aspre montagne, ad un’altezza di duemila metri.
Da Sana’a il viaggio prosegue verso Ma’rib, l’unica città dello Yemen che conserva le tracce del regno sabeo, fondato tremila anni fa dalla mitica regina di Saba, la bella Bilquis che riuscì a conquistare il re Salomone. Dalla sabbia di Ma’rib spuntano i pilastri rettangolari dei templi del Sole e della Luna, uniche vestigia di un regno sepolto che le
missioni archeologiche di tutto il mondo cercano di recuperare, insieme ai resti rudimentali di un diga, che permetteva di irrigare ben cento chilometri quadrati di campi di cereali, per nutrire i sudditi dell’affascinante sovrana. Ma’rib è la porta di Ar Rub Al Khali, il deserto rosso che la separa da un altro gioiello yemenita: Shibam detta
la “Manhattan del deserto”. Il tragitto in fuoristrada dura ben nove ore e mezzo e non è tra i più confortevoli, ma vale davvero la pena visitare questa città di fango, racchiusa da alte mura che circondano cinquecento palazzi alti fino a quaranta metri, costruiti negli ultimi cinque secoli. Camminando nelle sue stradine polverose che separano un
“grattacielo” dall’altro si incontrano mercanti, asinelli, polli e bambini dai volti sorridenti, mentre lungo i muri si stagliano le sagome nere delle donne, che rifuggono gli obiettivi indiscreti delle telecamere occidentali. Tappa all’Al Howta Hotel, un antico palazzo yemenita restaurato con grande gusto, per visitare altre due città interessanti, Tarim e Sayun, con il gigantesco palazzo del Sultano, un edificio di fine ottocento bianco e abbagliante come una torta nuziale: le sale decorate con stucchi floreali ospitano un museo con mobili e oggetti appartenuti ai sultani.
Da Tayun parte la pista che attraversa la zona dell’ Hadramawt, tra le più affascinanti del paese: una strada tortuosa da percorrere solo in fuoristrada che collega i villaggi di fango costruiti sulle pendici dello Wadi Doan, tra palmeti dove pascolano i dromedari e rocce color del miele. Si chiamano Al Ghurfa, Mashad e Al Hajrayn, arrampicato come
un nido d’aquila su uno sperone roccioso, da dove si domina con un solo sguardo l’intera vallata, una versione mediorientale del canyon del Colorado, che però ha conosciuto il turismo solo dal 1990, quando l’unificazione dei due Yemen ha permesso alle genti del Sud di aprirsi agli stranieri. Con gli occhi pieni di panorami indimenticabili si raggiunge il golfo di Aden, dove le tracce del comunismo sono ancora visibili sotto forma di squallidi casermoni e bunker di cemento armato, disseminati lungo le rive del mare. Ma la bellezza selvaggia e incontaminata del tratto di costa che separa la cittadina di Al Mukalla dal piccolo villaggio di Bir Ali è da mozzare il fiato: montagne nere come la
pece che emergono dalla sabbia del deserto, lunghe spiagge deserte bagnate da un’acqua calda e trasparente, dove non esiste un solo insediamento turistico e si può fare il agno in totale solitudine. È un’ambiente adatto a chi ama i luoghi isolati e ancora vergini, lontani dal turismo di massa, che forse non arriverà mai a toccare queste
latitudini sperdute. Proseguendo per centinaia di chilometri lungo l’unica strada che costeggia le rive del golfo si raggiunge Aden, che era la capitale dello Yemen del Sud: un porto commerciale dominato per più di un secolo dagli inglesi, che l’hanno occupata dal 1839 al 1967 per controllare il traffico marino nel Mar Rosso fino al Canale di Suez.
Non è rimasto molto da vedere ad Aden: oltre al museo Nazionale, che custodisce alcune pregevoli statue di alabastro, ecco una chicca per gli appassionati di letteratura: la casa dove è vissuto Arthur Rimbaud, restaurata dai francesi nel 1991 e trasformata in un piccolo museo per rievocare l’avventura del “poeta maledetto”.
Un’ora di volo divideva un tempo i due Yemen, le spiagge di Al Mukalla dai palazzi di Sana’a, i verdi palmeti dai paesaggi aspri e rocciosi dell’ex Yemen del Nord, che avevano sedotto un viaggiatore difficile ed esigente come Alberto Moravia, un altro scrittore colpito dall’attrazione fatale per l’Arabia Felix.
Qui il paesaggio cambia totalmente, si fa più rarefatto: i colori caldi della sabbia cedono il posto ai toni grigi della pietra con cui sono costruiti i villaggi che ricordano, nel loro austero rigore, i borghi isolati delle vallate più impervie dell’ Appennino.
Da Sana’a le strade si arrampicano sulle falde rocciose in un dedalo di curve che serpeggiano tra le terrazze coltivate per raggiungere i villaggi di Kawkaban, Al Tuwilah e Al Mahwtt. “Così alti, così imponenti, così ermetici -ha scritto Moravia- sembrano palazzi misteriosi, sbalzati su questa vetta tutti interi da un colpo di bacchetta magica”. Uno Yemen diverso, più rude e fiero, abitato da genti orgogliose che vivono su cocuzzoli sassosi affacciati su valli profondissime, unite da sentieri che si arrampicano su strapiombi
vertiginosi, per collegare villaggi abitati da poche anime, sorvegliati dalle sagome robuste e minacciose delle fortezze medievali. Kawkaban e le sue case rosse, Al Mahwtt sospeso tra terra e cielo, ideale punto di partenza per un trekking davvero avventuroso, in un paesaggio montuoso che ricorda l’Himalaya.
Un’altra discesa attraverso gole e vallate permette di superare il dislivello che separa queste rupi selvatiche dalle cose del Mar Rosso, dove lo Yemen mostra un volto tutto nuovo, un territorio di frontiera umida che sembra unire idealmente l’Africa con l’India e gli orienti più lontani. Dune e palme uniscono Al Hudaydah con Zabid, la città delle
moschee bianche (oggi sono ottanta, ma un tempo erano più di duecento) dove Pasolini ha girato alcune delle scene più toccanti del “Fiore delle mille e un notte”. Un sole accecante penetra attraverso un labirinto di viuzze fiancheggiate da muri bianchi, in un silenzio interrotto soltanto dal vociare di gruppi di bambini che giocano in un angolo d’ombra. È facile perdersi a Zabid, ma se siete fortunati uno dei bambini vi prenderà per mano per condurvi in una casa antica, dagli alti soffitti di legno dipinto, dove il tempo sembra essersi fermato per sempre. Dovrete accomodarvi su un divano molto alto, e un ragazzo vi servirà un thè da un samovar di metallo. Allora comincerete a capire perchè Pasolini si era innamorato del “paese più bello del mondo”.

Viaggio nel deserto Rub Al Khali era in fiore dopo un periodo eccezionale di pioggia, dove abbiamo attraversato città, villaggi sperduti arroccati sulle montagne nei luoghi più impensabili e incontrato ovunque una calorosa ospitalità.
Partenza da Sana’a per Marib, Barakish, traversata del deserto con i beduini per giungere nell’Hadramaut: Sayum, Shibam, Tarim, poi direzione Mukhalla, Bir Ali, Radà, Taez, Ibb, Jibla, la Tihama, il mercato di Bay EL Faqid, Kwakaban, Thula, Bokur, Manakha, Al-Hajjarah e altri villaggi sperduti per ritornare a Sana’a passando da Amran e Sharaha (non sempre accessibile).
Lo Yemen, paese della regina di Saba ha saputo conservare i suoi usi e costumi che hanno radici nella notte dei tempi; qui gli stereotipi dei paesi mediterranei lasciano il posto a un mondo diverso parzialmente governato da tribù con tradizioni tenaci e complesse.
Nello Yemen non c’è un angolo che non merita una visita, una fermata: le parole mancano per parlare dell’architettura yemenita! Ad ogni regione l’architettura si è adattata al clima, alla topografia, alla cultura e alla storia dei suoi abitanti.
I principali tipi di architettura sono: *architettura di terra nella regione di Amran e Saada; architettura di pietra nelle montagne e a Djibla; architettura di paglia nella parte “africana” della Tihama; *architettura di argilla, sassi e paglia nell’Hadramaut; architettura di mattone a Zebid *architettura di pietra e mattoni a Sana’a.
Dopo avere ammirato le case e monumenti osservate gli elementi decorativi e le “aperture” specifiche a ogni tipo di architettura: porte finemente lavorate e/o intarsiate, finestre-luce di alabastro presente quasi solo a Radà (dove abita Alì), finestre-spie, finestre-vetrate artistiche, spioncini.
Queste case davanti alle quale il mondo è in ammirazione possono essere difficilmente modernizzate e il timore del loro abbandono da parte degli abitanti per case più moderne ha spinto l’UNESCO a iscrivere parte delpaese al patrimonio mondiale.
Da visitare : Sana’a, la capitale; Marib, i suoi templi e la diga; la traversata del deserto con i beduini; l’Hadramaut con Sayum, Tarim e particolarmente Shibam la Manhattan del deserto; Bir Ali per la sua spiaggia selvatica; Radà per le sue finestre di alabastro; Taez, Ibb e Jibla; la Tihama e il Mar Rosso; il mercato di Bay El Faqid; i villagi sperduti attorno Sana’a: Thula, Kwakaban, Bokur, Shiban, Manakha e specialmente Al-Hajjarah.
I Mercati : da non perdere il suq di Sana’a; il consiglio è di andare per perdersi ed inebriarsi di odori e suoni. I mercati sono pure luoghi magici da visitare, quasi ogni giorno le cittadine offrono un mercato ma il più importante da non mancare è quello di Bay El Faqid (solo di venerdì); Sabato Souq at Taleh, Al nord di Saada; Sabato Souq Amran, Amran; Domenica Souq Ouadi Dhabab, Vicino Taez Lunedì Souq at- Taouilah; Strada per Ouadi Sourdoud; Venerdì Souq de Bay al-Faqih; Strada per Hodeida-Taez

Per i documenti è indispensabile prima della partenza informarsi presso i consolati sulle formalità, che spesso cambiano. Visto obbligatorio; se il consolato dovesse chiedervi una lettera d’invito o una conferma di una agenzia locale: contattate in inglese Gamal a : arabia-felix@y.net.ye (TEL: 009671287330 FAX: 009671287426)

Il rial, moneta ufficiale, non ha un tasso di cambio ufficiale; la maggior parte delle banche e uffici cambi praticano il tasso in vigore nel suq. Il mercato nero esiste sempre. Possibilità di cambiare nelle agenzie di noleggio jeep, oppure dal vostro autista ma prima informarsi sul cambio! Non esitate a negoziare sapendo che è preferibile portare dollari e che i tagli da 50 o 100 USD ottengono un miglior cambio rispetto ai piccoli tagli. Generalmente dai commercianti pagando in moneta straniera si riesce a mercanteggiare meglio.
Contare un budget medio di 15/30 USD/al giorno/persona a seconda della scelta alberghiera; di più se si affita una jeep: media 60USD/giorno/jeep tutto incluso.

Il clima con le coste con rilievo accidentato e vulcanico sono basse calde e umide luglio e agosto. Lo Yemen beneficia , grazie alla sua altitudine, di una pluviometria eccezionale in certe zone ed abbastanza inconsueta per la penisola araba. Questo spiega perché le grandi città, salvo Aden, si sono svillupate nelle montagne e negli altipiani del centro e dell’ovest dove cereali, frutta, verdura, qât e caffè possono crescere nelle grande pianure vicine.
Gli altipiani al nord e il deserto del Rub Al Khali all’est godono di un clima caldo, ci troviamo nelle parti desertiche del paese salvo per le oasi e zone irrigate.
La stagione migliore per visitare lo Yemen si situa tra aprile e ottobre, ma è possible visitare il paese tutto l’anno. Consigliato qualche indumento pesante per i mesi invernali.

In valigia
Lo Yemen è un paese musulmano, recentemente aperto al turismo e le donne sono velate. Se la mini gonna ed i pantaloncini non vi condurranno in prigione, si raccomanda tuttavia di evitarli; indossare pantaloni o gonne lunghe e camicie non troppo aperte e trasparenti che vi permetteranno un miglior contatto con la popolazione.
Come spostarsi per strada, anche se i sequestri di turisti sono ora quasi inesistenti non devono essere totalmente sottovalutati. Per assicurare la sicurezza dei viaggiatori, le autorità hanno provveduto con misure speciali : occorre un permesso di circolazione rilasciato dalla Polizia (a volte sospeso per certe zone) e sono stati intensificati i controlli.
Scegliere il mezzo pubblico o la jeep a noleggio non dispensano dal permesso e dai controlli. Con un autista i rischi di disavventure sono limitati perché garantisce una certa professionalità e sicurezza. Per certe zone una scorta militare è prevista e come per i vari posti di controlli sono esenti da pagamento, ma a volte è difficile passare o farsi scortare senza dover pagare un bakchich.

Affitto di una jeep: è la soluzione ideale per varie ragioni: l’autista si occupa delle formalità, nessuna perdita di tempo, sicurezza, libertà d’azione (partenze, arrivi, fermate, cambiamenti d’itinerario.) Se l’autista è cooperante (è spesso cosi) e ricco d’iniziativa, vi farà fare delle scoperte che non avrete mai fatto da soli.
Prezzo: circa 60 USD/giorno tutto incluso (benzina, vitto e alloggio dell’autista) per un 4X4 per 4 persone oltre all’autista. Per la zona Sud Yemen il prezzo è di 70 USD/giorno tutto incluso. La traversata del deserto Rub Al-Khali è da pagare direttamente ai beduini (circa 200 USD/jeep); si può prendere la nuova strada asfaltata che tuttavia non è
per nulla interessante in paragone alla traversata del deserto accompagnati dai beduini. Con un buon autista la guida diventa superflua, perché un buon autista è
in grado di farvi scoprire anche le cose che da soli non avreste mai potuto fare.
È possible affittare una macchina senza autista ma è da sconsigliare salvo se uno padroneggia bene l’arabo e ha una buona conoscenza del paese (cartelli stradali quasi inesistenti).

Con l’autista noi ci siamo trovati bene con Alì, che oltre a parlare perfettamente l’italiano è stato un compagno meraviglioso di viaggio, sensibile, ospitale e gentilissimo. Alì per 50 USD/giorno/jeep (e 70 USD/giorno/jeep per il Sud) vi farà scoprire il paese della regina di Saba che percorre da oltre 15 anni. Per noleggio lunga durata sono possibili sconti. Il contatto e-mail con Alì è il seguente: arabia-felix@y.net.ye Il Telefono: 009676552884 (arabo, anche italiano; se rispondono i figli ed Alì non arriva, riprovare) FAX: stesso numero ma funziona solo di sera dopo le 22.00

I taxi collettivi: partono delle stazioni speciali “taxi”. Partono solo quando l’autista considera il suo veicolo pieno! (con una nozione tutta sua del pieno!) È il mezzo di trasporto più economico se non si soffre di claustrofobia e se non si ha paura della guida “sportiva” di certi autisti. A volte alcuni rifiutano di prendere turisti perché ai posti di controlli la verifica delle carte prende maggior tempo e quindi ritarda il taxi ed i passeggeri. Tariffe fisse.

Autostop: possibile sulle strade principali, molto difficile sulle piste e strade secondarie. I camion vi prenderanno senza difficoltà ma vi chiederanno la stessa somma che avreste pagato con un taxi collettivo.
Trekkimg: il paese è vasto come la Francia e occorre essere in buona condizione fisica a causa dei cambiamenti d’altitudine e di clima. Formula molto interessante per visitare i villaggi più remoti e avere contatti privilegiati con la popolazione locale.

Dove alloggiare esistono alloggi in quasi tutti i centri abitati anche se a volte molto lontano dagli standard internazionali. Dagli alberghi di lusso ai funduk la scelta non manca e si consiglia di privilegiare la posizione dell’albergo: ad esempio, poter approfittare della vecchia città può avverarsi più interessante del comfort; un albergo in una casa tipica permette di apprezzare l’architettura yemenita; quelli che hanno appena aperto o che sono stati restaurati da poco offrono il vantaggio di essere più puliti. Nei villaggi il numero di alberghi è in aumento, alcuni gestori hanno fatto grandi sforzi per dare una certa qualità ma aspettatevi anche il peggio perché in seguito alla dinimuzione del
turismo certi alberghi stanno cadendo in rovina. Generalmente si nota una certa differenza tra gli alberghi del Nord e quegli del Sud, anche se la tendenza a tenere pulito ha fatto progressi nel Sud spesso la pulizia è fatta quando il cliente prende la stanza.
Ultimo consiglio: l’acqua calda non è sistematica, un boiler assicura l’approvvigionamento e pensate a verificare se funziona! *La categoria “buon mercato” (3 a 5 USD) da diritto a un materasso in un dormitorio.

*La categoria “prezzi medi” (10 a 25 USD la doppia) offre le migliori sistemazioni, non esitate a visitare vari alberghi prima della scelta definitiva oppure affidatevi all’esperienza del vostro autista. In quella categoria a Sana’a il miglior rapporto qualità-prezzo è rappresentato dall’albergo Arabia Felix. (vedi links) L’albergo s’insedia nel cuore della vecchia città in una casa tipica.
*La categoria “prezzi alti” (dai 30 USD) offre diversi tipi di alberghi: alcuni lasciati andare per mancanza di clienti e altri appartenenti a delle catene internazionali che vi farebbero dimenticare in quale paese siete!
E’ difficile campeggiare in montagna, salvo se siete in gruppo con delle tende e un autista che conosce molto bene la zona. Nessun problema invece sulla spiaggia come a Bir Ali, oltre a essere consigliato e obbligatorio per approffitare dell’alba facendo il bagno.
Non aspettatevi una grande cucina ma si può essere piacevolmente sorpresi anche in ristoranti lontani dai nostri standard. Gli Yemeniti mangiano svelto inzuppando il pane tenuto nelle mano destra nel piatto comune. Si mangia prevalentemente verdura fresca o secca. Il pesce fresco si trova solo a Sana’a o al mare. La base dell’alimentazione è il pane fatto con varie mistura di farina: sorgo, grano, granoturco, lenticchie, miglio, orzo. Viene accompagnato della salta (famosa zuppa – salsa al fieno greco), carne di bue, montone, capra in salsa, pollo arrosto e altre pietanze a base di verdura. Nei ristoranti non si vedono mai donne yemenite salvo se una sala in disparte è messa a loro disposizione quindi, turiste donne, nessuna sorpresa se i commensali vi guarderanno mangiare.
Si trova acqua in bottiglia dappertutto come pure soda. Il tè è molto diffuso, spesso profumato al cardamomo o al chiodo di garofano. Agli Yemeniti piace molto bere il qishr: decotto di caffè profumato allo zenzero o al cardamomo o al chiodo di garofano. Birra, vino, alcool sono strettamente proibiti e, a parte l’alcol di contrabbando nella zona di Mokka al bivio per Taez e Hodeida, queste bevande non sono reperibili. Non bevete MAI alcool o birra per strada è una grave mancanza di rispetto ma nelle vostre camere siete totalmente liberi di farlo.