di Pino De Pietro

Voglio incominciare con il presentarmi. Io sono Pino, non pù giovane, 55 anni, collaboratore della rivista “Gente Viaggi”, e da sempre mi piace fare attività all’aria aperta. Mio padre Salvatore, percorrendo insieme con l’asino, il cammino fino a Santo Pietro a Nicotera (VV), dove avevamo le vigne, quando ancora diciottenne. Un giorno mi chiese se mi piaceva l’idea di intraprendere un lungo cammino, ma insieme all’asino. Un viaggio da Nicotera fino ad Aosta con l’asino? Lì per lì, le dissi che era un’idea fantastica ed accettai volentieri, ma l’avventura non era semplice da mettere in pratica.

Nella mia mente immaginavo “Un fluire pacato, un viaggio dove non si parte per arrivare, ma si parte per vivere e assaporare ogni passo con consapevolezza. Cammineremo lentamente, e per farlo ho scelto un mezzo di trasporto antico e testardo, affidabile ed ecologico». Dalla Calabria alla Valle d’Aosta in sei mesi, seguendo un itinerario tutto da disegnare, andando a raccontare un’Italia nascosta e poco narrata. Con un atipico compagno al seguito: un asino. E’ questa l’avventura, poetica e dal sapore vagamente donchisciottesco, che mi apprestavo ad intraprendere. «Voglio andare a esplorare un’Italia rurale, incontrare i giovani che hanno scelto di tornare a lavorare nelle campagne, le comunità che stanno cercando stili alternativi di vita nel rispetto dell’ambiente e della persona. Insomma tutte quelle situazioni dove uomini e donne si sono tolti il paraocchi per rendere il mondo un po’ migliore».

L’dea è partita così «Un asino come compagno di viaggio»: una peregrinazione da Nord a Sud, battendo strade alternative e sentieri caduti nell’oblio, cercando ospitalità in aziende agricole, cooperative sociali o semplici famiglie che abbiano scelto il lavoro della terra come forma di resistenza e resilienza, in un virtuoso equilibrio tra tradizione e innovazione, produttività e sostenibilità. «Non vado alla ricerca di me stesso, ma di altre realtà. Per questo le persone sono invitate ad aggregarsi nelle varie tappe e, sempre per questo, volevo qualcuno con me: dopo aver pensato un po’ e di ricerca, ho visto nell’asino il compagno ideale, quello con la giusta personalità».

Proprio io, che da piccolo mi sono cresciuto in campagna, ma vissuto sempre in città e con poca dimestichezza con gli animali, sto prendendo confidenza con il quadrupede. «Appena ho maturato il mio progetto ho scoperto che l’asino non solo è presente nella memoria di tanti, ma è molto diffuso tra fattorie e cascine. Perfino il mio collega sardo, fotografo, ne possiede uno. Insomma, tra amici e parenti non è stato difficile trovarne qualcuno, anche qui a Nicotera». Eccomi quindi tra boschi e colline per apprendere come farlo avanzare, voltare o fermare. Interpretarne i segni della fame e della sete. Carpirne tutte le sfumature utili ad una sana e lunga convivenza. Ma il vero periodo di prova deve ancora iniziare: tra pochi giorni mi trasferirò nell’entroterra del vibonese, dove incontrerò l’asino prescelto e starò con lui un mese prima del via. Il tempo necessario per annusarsi, entrare in empatia, capire necessità e risorse. E, contemporaneamente, preparare la partenza nei dettagli. Tentando di raccogliere, alcuni risparmi di famiglia, la somma di un paio di migliaia di euro necessarie per realizzare un film cortometraggio e foto durante l’attraversata dello Stivale. «L’asino mi aiuterà nel trasportare tutto il necessario: il desiderio è quello di realizzare un reportage e girare un cortometraggio, dove chiederò lungo il cammino chi incontrerò di rendersi partecipe. Un modo, anche questo lento e partecipativo, per far emergere pezzi belli e silenziosi di questa Italia».
La mattina seguente mi sono svegliato presto perché sapevo che la tappa sarebbe stata lunga e avrebbe piovuto e non volevo bagnarmi troppo. Sono partito dopo una buona colazione ricca di zuccheri e proteine, sotto un cielo pieno di tanti nuvoloni grigi pieni di pioggia, però c’erano anche nuvole bianche e mi facevano pensare al male e al bene che combattevo per avere la meglio.

A metà della tappa, quando mi sono fermato a mangiare di panini di nduja sopra una collina, vedevo in lontananza dei veri e propri acquazzoni che cadevano sulla terra. Ho fatto giusto in tempo ad indossare l’impermeabile e coprire anche l’asino che ha incominciato a pioverci addosso. Mentre camminavo sotto la pioggia, il vento soffiava forte e vedevo nuvoloni che mi venivano addosso e avevo un po’ paura. E’ stato in questi momenti che ho trovato per terra un bel quadrifoglio grande, che ho portato con me fino a casa. Quando, alla fine della tappa, sono arrivato ad un agriturismo un po’ bagnato ed infreddolito, sono stato accolto come se fossi di famiglia, la signora Maria mi ha portato in cucina, davanti a un bel caminetto e mi ha fatto mangiare un ben di Dio e all’asino ci ha pensato suo marito ad accudirlo.

Una volta sazio, sono andato in camera a dormire fino a cena. Quella sera, dopo cena, sono di nuovo tornato subito a dormire. La mattina seguente mi sono svegliato con calma perché sapevo che non ci sarebbe stato brutto tempo quindi avevo tutta la giornata per camminare con calma.

A metà della seconda tappa, mentre ero lontano da case o abitazioni, in mezzo alla campagna, sono stato avvicinato da due gattini, soli ed impauriti che, una volta accarezzati, hanno incominciato a seguirmi. Giunti al primo paesino ho chiesto a delle signore se volevano i gattini. Ne hanno preso solo uno, mentre l’altro continuava a seguirmi piano ed io e l’asino dovevamo andare a suo passo perché se lo lasciavo da solo nel bosco sarebbe finito nei guai. Ho deciso allora di portarlo in braccio, però graffiava, allora provai a metterlo sullo zaino ma saltava giù, infine ho deciso di avvolgerlo dentro la mia felpa sino al paese successivo, dove per fortuna incontrai dei bambini con il nonno che si presero cura del gattino.

L’idea di affidare il gatto a delle persone mi dispiaceva, avrei preferito portarlo con me all’agriturismo in cui avrei alloggiato per la notte, ma è stato meglio lasciarlo nel paesino perché l’agriturismo aveva un pastore tedesco e il proprietario, il signor Luigi, non avrebbe potuto accudirlo.

Nella terza tappa mi sono preso un bello spavento. Nel passare davanti ad un ovile ho notato una quindicina di cani da guardia maremmani. In genere, io non ho paura dei cani, ma in questo caso avevo paura di passargli vicino. Decido di stare calmo, di non guardarli negli occhi e di parlare amichevolmente. Come temevo però, appena avvicinati alla fattoria, mi hanno circondato minacciosi ed io con il mio bastone cercai di farli indietreggiare. Io stavo morendo dalla paura ma per fortuna il pastore è arrivato giusto in tempo facendoli subito allontanare.

Verso la fine della tappa, già all’estremo nord, dopo una lunga salita, sono arrivato in un immenso prato. Mi sono sdraiato ed ho fatto un pisolino per recuperare le energie per lo sforzo finale del giorno più lungo.
Continuando a camminare, attraversai Cogne, ho potuto osservare in lontananza tre animali marroni che si muovevano. Non sono riuscito a capire che animali fossero. Io voglio credere che erano degli orsi.

Arrivati alla casa del mio amico Sergio, alla fine della terza tappa, ho cenato in cucina con la proprietaria Antonella, perché nelle vicinanze non c’erano osteria.

Il quarto ed ultimo giorno ho avuto avventure particolari, però ricordo che mi sentivo contento di poter tornare a casa e raccontare tutte le mie avventure vissute. Di sicuro è un percorso che vorrò rifare.

di Pino De Pietro