di Giuseppe De Pietro
I giovani vocati all’agricoltura, tornano ai campi, magari per scelta di vita, molte di loro per creare attività nuove o parallele. Magari con la produzione di nuovi prodotti, oppure per riproporre antichi sapori rispolverando le ricette della nonna. I più, almeno nel nostro Paese, coltivano il passaggio da una agricoltura di produzione ad una di servizi. Dal primario al terziario in un solo passaggio, e funziona. Il fatto che funzioni, che l’agricoltura sia davvero un’altra cosa, è uno degli aspetti più interessanti della nuova tendenza. Da sempre i contadini, lamentando che a loro resta solo una piccola parte del ricavato, del valore allo scaffale di quanto comperiamo sul banco degli alimentari, hanno cercato di fare i commercianti. Spesso riuscendoci male, talvolta incappando in clamorose procedure fallimentari. Non è più così. La generazione dello smartphone ci sa fare.
Ad aiutare la nuova tendenza c’è anche la legislazione fiscale di favore che si è andata evolvendo, favorendo rientrare anche i prodotti “connessi” all’attività agricola, rientrare la produzione nella imposizione in base al reddito agrario. Quindi un’azienda agricola “multifunzionale”, ma allora, eppure non è passato un secolo, non si immaginava che oltre a fare il formaggio con il proprio latte, il contadino potesse fare anche la birra o che, accanto all’insalata di stagione, potesse offrire anche la custodia dei bambini fino a tre anni agri-nido. La normativa fiscale favorisce ora anche i prodotti “connessi” all’attività agricola: l’agri-tata, il farm-beauty, ma anche l’agri-wedding (per matrimoni in aperta campagna), ma anche gli energy drink contadini, i mestieri dell’agricoltura che, con un aumento record in questi ultimi anni, hanno fatto salire molto in Italia le aziende agricole “multifunzionali” quelle cioè che svolgono attività connesse all’agricoltura. La bellezza e la salute sono peraltro i settori che più di altri hanno ispirato nuove esperienze nelle campagne con il boom dei cosmetici naturali, dalla stella alpina all’arnica, dal latte di asina all’extravergine di oliva. Ma ci sono anche nuovi agricoltori che puntano sull’utilizzo di filati con ortica, canapa e soia o coloranti anallergici estratti dalle piante per non parlare dell’agribir- ra che ha come unico limite alla crescita la scarsa disponibilità nella nostre campagne di orzo distico o di luppolo da birra.
Si è verificata una vera esplosione delle aziende agricole che aggiungono servizi o prodotti all’attività di coltivazione e allevamento tanto che in soli tre anni sono aumentate di sei volte quelle che producono energie rinnovabili, sono praticamente raddoppiate quelle che trasformano direttamente i loro prodotti, ma un vero boom si registra anche per la vendita diretta e per iniziative del tutto innovative dall’agri-benessere alla moda. Si stima che una impresa su tre, nata negli ultimi dieci anni, abbia scelto la strada della multi- funzionalità. Un cambiamento che sta determinando sorprendenti risultati come la leadership mondiale dell’Italia nella produzione del coriandolo da seme, sotto la spinta della nuova domanda che viene dai migranti che amano questa particolare spezia asiatica. O ancora l’inizio con successo della produzione in Italia di banane e avocado (in Sicilia), arachidi della diffusione della coltivazione dello zafferano (già diffuso in Italia nel Centro Sud) che sta risalendo le nostre valli soprattutto la Valcamonica e (in Toscana) e bambù (in Piemonte) come esempi di adattamento ai cambiamenti climatici.
Si affermano così stili di vita che integrano gli aspetti irrinunciabili della condizione urbana, dalla fruizione più facile delle diverse forme della conoscenza e della cultura all’adozione di modelli di abitabilità rispettosi della privacy, con le opportunità che solo i territori rurali sono in grado di offrire. Una nuova agricoltura silenziosamente introduce un correttivo di civiltà. In una globalizzazione comunità. Ci sono anche segnali misurabili del fenomeno come la crescita di abitanti delle città medio piccole e la relativa tenuta del mercato immobiliare destinato alla prima casa nei borghi rurali, con le città ferme al palo, confermano il trend positivo delle vacanze legate al mondo rurale. Negli ultimi dodici Il tentativo è quello di rivalutare il valore delle relazioni e il capitale sociale nei processi di sviluppo, cioè quei valori su cui la nuova ruralità vuole rifondare la funzione dell’agricoltura come generatrice di Come si vede il vino del contadino o la marmellata di frutta sicuramente biologica, sono solo quanto ci balza più all’occhio di un fenomeno più profondo e complesso.
L’attività agricola volta al miglioramento del benessere e della socialità come la custodia dei piccoli o anche le case di riposo agricole per anziani. Il ritorno al passato sta ispirando molte esperienze creative nelle campagne dove sono addirittura tornate figure dei secoli scorsi come il canestraio che raccoglie e lavora le erbe palustri o il carbonaio che produce in modo del tutto naturale la carbonella secondo le antiche regole dei carbonai. Ma in chiave moderna sono tornate anche le filandaie che allevano il baco da seta che sembrava scomparso per ottenere tessuti pregiati, men- tre sullo stesso registro ci sono gli allevamenti di alpaca, e molto richiesta è tornata ad essere l’esperienza dell’erborista che coltiva, raccoglie e trasforma piante medicinali per il benessere, la salute e la bellezza.
Lungo tutta la Penisola stanno nascendo esperienze in crescita anche nell’agricoltura sociale che propone un nuovo modello di welfare che vede l’agricoltura protagonista con progetti imprenditoriali dedicati all’inserimento dei soggetti più vulnerabili.