di Melina Gualtieri
Varcare i confini di una stazione, specie se diretti da queste parti, equivalgono a entrare in un vero incubo.
Le prime luci dell’alba filtravano dal finestrino del vagone letto. Si intuiva che l’aria era ancora frizzante, ma stava per nascere una piacevole giornata di sole. Una giornata che portava con sé il tipico tepore d’aprile. A quel tempo lavoravo a Lecco. Era la primavera del ’75 e, partita da Milano, stavo per raggiungere Trieste, dove avevo appena vinto la cattedra all’Università. Era la prima volta che incontravo questa città così particolare, così diversamente unica. Non sapevo che da lì a poco sarebbe scattato il classico colpo di fulmine.
Il leggero movimento del treno mi aveva appena fatto uscire dal mondo dei sogni. Sbirciando dal finestrino, fui investita da un turbinio di colori. L’azzurro del cielo si fondeva con quello dell’acqua. Il bianco delle rocce si rifletteva a sua volta nel mare. Il verde della pineta sbucava all’improvviso come un fiore a primavera. Stavo ammirando per la prima volta la costiera triestina. Altri tempi, decisamente.
Come sono cambiate le cose da quella volta. A dire il vero Trieste non è cambiata poi così tanto. Il suo fascino è rimasto intatto, anzi si è fatto ancora più intrigante. Sono altre le cose che non sono più quelle di un tempo. Se credete che sia ancora possibile raggiungere così facilmente in treno Trieste… beh vi sbagliate di grosso. Parliamoci chiaro, questa città è stata deliberatamente isolata dalle Ferrovie dello Stato. Volutamente ed ingiustamente tenuta in disparte, ai margini di quello che, evidentemente, è il centro del business che interessa a chi di dovere. Ma come è possibile che non ci siano più tutti quei collegamenti diretti, diurni e notturni, con le più importanti città italiane? Evidentemente le Ferrovie dello Stato non rappresentano più il servizio pubblico che incarnavano un tempo. E quando dico servizio pubblico intendo dire fare gli interessi del cittadino, dell’utente. Adesso Trenitalia non è più un servizio pubblico, è diventata semplicemente un’azienda. Dove non contano più le città ed i passeggeri.
Suvvia, non è possibile che ogni volta che da qui si deve raggiungere una qualsiasi città italiana, da Roma a Milano, da Firenze a Torino, si debba cambiare più volte treno. E lo stesso discorso vale quando si ritorna a Trieste, dove per forza di cose si è costretti a cambiare a Mestre. Sembra che il mondo finisca lì e che poi non ci sia più nulla. Per non parlare dei tempi strettissimi per il cambio di treno. Pochi minuti appena. Ma, dico io, ci fosse almeno la logica di far sì che i due binari siano vicini, per consentire ai passeggeri di velocizzare il cambio di treno. No, nemmeno quello.
Sapete quante volte, arrivando da Roma, mi sono vista letteralmente chiudere le porte in faccia del treno che, da Mestre, mi avrebbe portato a Trieste? Più di una e vi assicuro che non è una bella sensazione. Senza contare il fastidio di dover aspettare parecchi minuti il treno successivo in una stazione, quella di Mestre, che non è proprio il massimo del comfort. Una volta, ve lo assicuro, c’erano più educazione e gentilezza da parte del personale. E più organizzazione. In tempi in cui non esistevano ancora i telefonini, il capotreno via radio comunicava con la stazione e, se eravamo in ritardo, chiedeva ai colleghi di aspettare qualche minuto in più per permettere ai passeggeri di non perdere la coincidenza successiva. E ci aspettavano veramente, altro che adesso.
E pensare che una volta c’erano i vagoni letto fino a Trieste, ricordo con piacere le carrozze ristorante, i collegamenti veloci. Per non parlare di tutti quei treni che collegavano la città con il sud Italia, da Lecce a Reggio Calabria, da Bari a Napoli, molto utili per tutte quelle persone originarie del Meridione. Anch’io li ho presi tante volte per partecipare ai convegni in giro per la penisola. Quanta nostalgia. Adesso da Trieste non parte e non arriva più quasi niente. Però permettetemi, da toscana verace quale sono, di fare una critica ai triestini.
Sono sempre stata un’amante del treno. Ritengo sia un mezzo di trasporto dal fascino particolare. Ma solo se portato avanti con un certo criterio, e con una certa qualità. Adesso ormai i treni degni di questo nome sono solo quelli che in pratica collegano Roma e Milano. Il resto non conta. Città importanti come Trieste, ma se vogliamo anche come Torino, sono penalizzate, sono dimenticate.
A dire il vero è un po’ di tempo che non vado in treno. Forse avrei troppa nostalgia di quelli che erano i viaggi di un tempo. Quando varcare i confini della stazione significava lasciare la realtà e iniziare a sognare.