La mia vita è questa, raccontata attraverso gli ‘Appunti di viaggio’ di Lina Sastri. “Lo spettacolo nella mia vita, un viaggio straordinario”

di Giuseppe De Pietro

E’ andata in scena l’8 di febbraio al Teatro Sala Umberto di Roma la prima dello spettacolo diretto e interpretato da Lina Sastri. Ci ha regalato emozioni con gli incontri con i personaggi che hanno fatto la storia dello spettacolo del secolo appena trascorso, le canzoni napoletane che hanno fatto sognare tutto il mondo, gli aneddoti che l’anno fatto crescere nel palcoscenico e non solo, i momenti privati della sua vita.

E poi ci sono i grandi, Eduardo, Anna Magnani, Pino Daniele, i comprimari, le comparse. Gli anni Settanta e quell’idea “che il mondo potesse cambiare davvero”. La musica, il mare. Una madre che cantava. Napoli e le platee internazionali. C’è l’amore. Una vita scandita dall’arte, quella che Lina Sastri regala al pubblico in Appunti di viaggio, lo spettacolo di cui è autrice, regista, protagonista. Al cinema è in Napoli velata, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, in questo periodo nelle sale. Con lo spettacolo ha debuttato da pochi giorni al Teatro Diana di Napoli, sempre sold out, è arrivata a Roma, Teatro Sala Umberto, l’8 febbraio. Non una biografia ma una cronologia dei pezzi d’arte – teatro, musica, poesia, cinema – che come un puzzle compongono la vita dell’attrice. 

Bella e piena di energia, non è stanca neanche a tarda notte, dopo la prima che per lei è iniziata alle tre del pomeriggio fra prove, aggiustamenti, le luci, il suono, le musiche. Dopo una passeggiata scendendo da Toledo a Plebiscito e poi per Santa Lucia fino all’Hotel Vesuvio, perché voleva invitare di persona allo spettacolo una famosa attrice internazionale che però era ripartita da un paio d’ore. “Me lo sentivo, dovevo venire ieri sera”. Riposare un po’ non se ne parla, “mai al pomeriggio prima dello spettacolo, si rilasserebbero troppo i muscoli della gola, la voce”. Che in effetti le servono e parecchio per quello che fa in scena e per come lo fa. “Vedi? – dice di fronte al Maschio Angioino – voi di Roma al mare ci dovete andare. Noi ce l’abbiamo qui, nel centro della città”. 

A dominare la scena, la scultura di un Pulcinella scolpito dal maestro Alessandro Kokocinski, scomparso a dicembre e a lungo compagno di Sastri, “è stato un grande amore” sussurra mentre ti mostra delle belle e privatissime foto in bianco e nero di loro insieme. La musica è affidata al gruppo che accompagna l’attrice da anni, Filippo D’Allio (chitarra), Gennaro Desiderio (violino), Gianni Minale (fiati), Salvatore Minale (percussioni), Salvatore Piedepalumbo (percussioni), Luigi Sigillo (contrabasso). Proiezioni, immagini della carriera, gli incontri con le grandi personalità artistiche del nostro paese, da Eduardo a Patroni Griffi, da Roberto De Simone ad Armando Pugliese. I poeti e i drammaturghi, gli autori e i registi. La musica che risveglia ricordi d’infanzia. Brani splendidi della tradizione o inediti, Madonna de lu Carmine, Era de maggio, A vita è comme ‘o mare,Tammurriata nera. I segreti, i dolori. Il teatro, che è un luogo di libertà, “quel vetro immaginario fra il palco e il pubblico, tu di qua, solo, e loro di là, sai che ti guardano ma fai come se non ci fossero”.

Il teatro rende liberi, ma attraverso la conoscenza, il vissuto, dice nel corso dello spettacolo ieri sera al Teatro Sala Umberto a Roma?
“Con ascoltando con umiltà e fatica. Seguendo delle regole e alla mia coscienza. Sento nello sguardo degli spettatori stasera, che trasmetto un messaggio emozionale attraverso un segnale che può essere parola e musica. E’ questo lo impari con il tempo e lo devi saper fare, altrimenti il pubblico non lo sente. Quand’ero giovanissima mi chiamò Eduardo per fare una sostituzione in Gli esami non finiscono mai. Nel personaggio di Bonaria, una sola battuta, “è arrivat’ Valentino”, alla fine del terzo atto. Eduardo il primo giorno leggeva lui tutte le parti, e tu stavi lì ad ascoltare. E non è poco. Non sapevi quale parte avresti avuto, lo diceva solo dopo. Durante le prove si metteva in terza fila, e dopo un po’ esclamava ‘nun se sent”. Poi in decima fila, in trentesima fila, e sempre ‘nun se sent’. Perché all’epoca, senza i microfoni, si doveva sentire anche il sussurro. Dovevi saperlo fare”.

Come vede il teatro di oggi in confronto a quello di tanti anni fa, soprattutto ai giovani che aspirano a fare gli attori?
“Tanti ragazzi li ho visti piangere davanti allo spettacolo. Questa è la giovinezza. Quando ho cominciato, alla fine degli anni Settanta, era l’epoca di battaglie per i diritti: si combatteva contro la famiglia, contro i genitori, per un’idea. C’era stato il Sessantotto, le regole erano saltate, i giovani finalmente potevano prendersi le redini del mondo con la fantasia al potere. Poi il potere, naturalmente, ha capito che questo rappresentava un grande pericolo e ha introdotto l’utile. Ci hanno detto che la fantasia non ci avrebbe portati a niente, mentre con l’utile saremmo andati avanti. E hanno educato i giovani a essere vecchi, allineati”.
 
In questo “suo viaggio” quasi un invito continuo a non dimenticare.
“Diciamo che nella vita non ricordo niente, vivo senza memoria che poi è quella che ti dà coscienza, identità di te nel presente. In questo spettacolo è vero, esercito la memoria ma con coraggiosa intraprendenza, perché non ho scritto nulla. Per questo Appunti di viaggio è mutevole, perché magari al mattino ho visto qualcosa che mi torna in mente sul palco, e la inserisco”.
 
Le porta emozioni allo spettatore con la tradizionale canzone napoletana.
“La mia città ha subito diverse dominazioni dai spagnoli ai francesi agli arabi. È nella lingue, nei sapori, negli odori. Io poi – senza fare la retorica della povertà, che detesto – sono nata in via degli Zingari, dietro Porta Capuana, una zona popolarissima, in una piccola famiglia senza mezzi. Mi padre, partito per il Brasile, quando tornava portava sempre qualcosa da quelle parti. Mia madre aveva fatto la seconda elementare ma era una donna curiosa, direi geniale, non faceva mai moralismi inutili fra bene e male. Tutto questo sicuramente mi ha portato un arricchimento. Un rischio al quale sto molto attenta. Circa dieci anni fa feci Corpo celeste, da Anna Maria Ortese. Era un testo filosofico, vorrei tanto riprenderlo, sembrava Pasolini, parlava dei giovani, di dove stava andando la società, dei ‘diversi’, della libertà che è un respiro. E in mezzo c’era la musica, che nasceva piano. Quando l’ho fatto a Parigi pensavo che avrebbero applaudito alle canzoni. Invece hanno applaudito alle parole”. 

Da poco ha pubblicato Pensieri all’improvviso, una raccolta di poesie con cd, in un certo senso altri “appunti di viaggio”.
“Scrivo da quand’ero giovane. Ma scrivo così, in maniera disorganica, due parole qua, un diario là. Qualche anno fa uscì con Marsilio La casa di Ninetta, dedicato a mia madre morta di alzheimer. Lo scrissi per urgenza, non pensavo che sarebbe diventato un libretto. Ne feci un monologo che però non ho più recitato perché mi affaticava molto psicologicamente. Ne ho tratto una sceneggiatura e vorrei tanto farne un film. Poi, quest’estate, le cose che avevo sparse sui vari pizzilli le ho radunate, almeno quelle che ho trovato. Il libro contiene anche un cd, una mattina sono andata in una sala di registrazione e ho letto di fila tutte le poesie. E ho chiesto a un amico di mettere delle musiche ogni tanto. Pensieri all’improvviso, un titolo coerente”. 
 
Dopo Roma, il viaggio come continua?
“Non lo so, sono un po’ stanca, sento un peso sulle spalle che se ne deve andare. Forse sono proprio i troppi ricordi. Magari me ne vado sull’isola (la “sua” Ischia, ndr), non faccio più niente e passo ‘o tiemp’. Vorrei tornare per un po’ anche a fare quella cosa che si chiama attrice, che tu parli e altri rispondono, che stai protetto in una storia e in un personaggio. Vorrei molto fare la regia di La casa di Ninetta, poi c’è il progetto di un lavoro musicale con i nuovi cantastorie napoletani, e questo probabilmente lo farò perché fa parte delle cose che si comprano e si vendono. Per quello che invece non fa parte delle cose che si comprano e si vendono, vorrei avere il coraggio e la forza di capire che cosa va seppellito e che cosa va vissuto. Aspettando, anche, di far ridere l’amore”.