Lo chef tristellato Enrico Crippa ci mostra le varietà antiche e particolari di carote, pomodori e patate, stupisce soprattutto la varietà; sono le altre 400 specie vegetali, tra botaniche e orticole, tutte da mangiare. Ci sono germogli e erbe aromatiche di ogni tipo, fiori come la violetta, tarassaco, strigoli, primule, portulaca, fiori di sambuco e di robinia, gli «Asian greens» che in un attimo ti trasportano a Kyoto o a Shanghai e una vera e propria collezione di alofite: crambe, atreplice, salicornia, carpobrotus, mertensia, ovvero piante che conferiscono ai piatti una nota marina, senza dovere necessariamente utilizzare pesci e crostacei.

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Questo e tanto altro c’è nell’orto dello chef Crippa, che a pochi chilometri da Alba, ai piedi della Tenuta Monsordo Bernardina della famiglia Ceretto, ha realizzato un piccolo Eden dove coltiva e attinge materia prima per i menu del suo ristorante Piazza Duomo. Piccolo non è il termine giusto, visto che l’orto comprende una ipertecnologica serra di coltivazione di 450 metri quadrati e un appezzamento di 4 ettari dove il cuoco più mistico d’Italia si reca personalmente ogni giorno per selezionare e raccogliere ortaggi, erbe e fiori che poi finiranno nei suoi piatti, come quello ormai iconico che è l’insalata 21-31-41-51, dal numero di ingredienti utilizzati.

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Se volete visitare questo paradiso gastro-vegetale, un po’ come da sempre si visitano i medioevali orti dei semplici e i giardini botanici, lo potete fare: basta prenotare compilando il form sul sito del ristorante o scrivendo a visit@ceretto.com La visita all’orto e alla Serra di Piazza Duomo si svolgerà tutti i giovedì alle 10,30 in gruppi al massimo di 12 persone e sarà abbinata alla visita delle cantine e a una delle tre degustazioni proposte dai Ceretto: le Langhe più l’orto costano 25 euro, le sfumature del Nebbiolo più l’orto 45 e i cru di Barolo e Barbaresco più l’orto 65. A svelare i processi lavorativi e la filosofia green di Crippa saranno i giardinieri-ortolani Enrico Costanza, Pietro Merlo e Nicola Borio, che gestiscono tutte le coltivazioni nella totale assenza di prodotti chimici e fertilizzanti di sintesi, ma solo con preparati ammessi in coltivazione biologica e con metodo biodinamico, secondo un protocollo applicato da anni anche nei vigneti.

                  
Con un po’ di fortuna, magari potrete incontrare anche lo chef in persona mentre fa rifornimento con cestino e cesoie. Se poi la curiosità (e il portafogli) è tale da portarvi anche al ristorante, allora sarà come chiudere il cerchio. «I nostri menu – dice Crippa – iniziano sempre con un vegetale crudo o marinato. I miei sono piatti istintivi, non c’è nulla da capire, ma solo da esperire. Anche se parto da ciò che mi offrono l’orto e questo territorio, c’è un momento in cui emerge la mia idea, la mia personalità: se questo venisse a mancare, diventerei incapace di trasmettere l’energia che genero quando cucino per i miei ospiti».
                                               

Nell’orto di Crippa la biodinamica, l’iperstagionalità e un sogno da coltivare. I segreti di un maestro di cucina vegetale. Calpestiamo questo fazzoletto verde col pensiero che in Italia sono pochissimi quelli che abbinano una cifra tecnica così elevata all’autentico sapere da orticoltore. Quelli che, prima di sbucciare, tagliare e bollire, s’informano su semi e piante da tutto il mondo, piantano e sradicano il frutto con le proprie mani. Un modello che vorremmo vedere replicato milioni di volte. Laddove naturalmente è possibile farlo perché l’erba non cresce sull’asfalto. «La Langa», ci accoglie nell’orto Walter Danusso, contadino in pensione assunto dal cuoco per prendersi cura di questo lembo fertile, «è più che altro terra di vigne, non da orto. Ma qualcosa sta cambiando». 

Intervista senza complessi a Crippa e Danusso, tra serre e frutteti. Zigzagando tra corsie di centinaia di germogli da tutto il mondo, veli compatti di paglia sopra impianti di asparagi ed erbe selvatiche. All’ombra di una cascina semidistrutta e un piccolo torrente che separa la proprietà dei Ceretto da un placido noccioleto altrui.

Come nasce quest’orto?
Crippa:
 Esiste da quando abbiamo aperto il ristorante, nel 2005. Alessandro Ceretto aveva preso in mano la cantina, decidendo di applicare i principi della biodinamica alle vigne di famiglia. Così ho voluto fare anch’io con l’orto: prepariamo cornosilice, cornoletame, attaccamenti all’alba e al tramonto, procediamo secondo le fasi lunari e usiamo trattamenti ridotti all’osso. Di solito un poco di verderame sulle piante di pomodoro. 

Danusso: Ora abbiamo circa 500 erbe selvatiche da tutto il mondo, ma agli inizi erano solo erbacce. Abbiamo lavorato il terreno a suon di ‘rippatture’, non arature: è un processo più rispettoso perché non stravolge le sue proprietà nutrienti. Diciamo che la nostra è un’orticoltura naturale. Per esempio siamo molto attenti a dividere il periodo di semina di radice dalla semina di foglia e dalla semina di frutto. 

Crippa: All’inizio non ci credevo nemmeno io, ma Walter mi ha dimostrato che se pianti una carota in periodo di semina di foglie, e non di radici, il ciuffo sale altissimo, mentre la carota sotto rimane minuscola. 

Perché agricoltura biodinamica e non biologica?

Danusso: Sarò sincero: per me il biologico è una presa in giro. I prodotti di tante multinazionali oggi specificano ‘consentito in agricoltura biologica’ in etichetta ma la composizione chimica non è diversa da prima. Combattere ‘a mani nude’ un acaro come facciamo noi ogni giorno è faticoso e costoso. Ma è certamente più responsabile che flagellare i terreni con schifezze che poi ritroverai nel piatto. Non c’è altra via che quella di investire nell’agricoltura naturale. E a questo per fortuna le generazioni più giovani si stanno dimostrando più sensibili della mia.

L’orto fornisce tutta la verdura che servite in entrambi i ristoranti di Alba?

Crippa: Tutto quello che giunge a maturazione qui lo serviamo sia alla Piola sia al Piazza Duomo, ma per diversi motivi dobbiamo integrare con frutta e verdura di altre origini. Ci sono settimane in cui l’insalata è così abbondante che non riusciamo nemmeno a smaltirla e altre in cui manca del tutto. In questo caso, la compriamo da contadini di fiducia. Acquisto fuori anche carote e patate che uso per brodi o fondi. Il mio giro al mattino è così: tappa dal grossista per carote e cipolle, scarico al ristorante, vengo qui da Walter, prendo verdure ed erbe che mi servono, scarico di nuovo al ristorante, tappa in pescheria e finalmente al lavoro al ristorante assieme ai ragazzi, che arrivano alle 8. 

Danusso: L’orto ha molte variabili. Oggi non mi do pace perché c’è un essere non meglio identificato che fa i buchi nella terra e mangia sistematicamente tutti i semi che pianto. Non è un topolino. E nemmeno un uccellino perché lascerebbero le impronte. Sarà uno scarafaggio.

Crippa: L’anno scorso ha piovuto tantissimo: le lumache rosse hanno rovinato per lunghi intervalli il raccolto, brucando soprattutto le foglie della bietola. Per scoraggiarle buttiamo della cenere o dei decotti che Walter prepara a base di ortiche. Ma non sempre funzionano. In questi casi non puoi permetterti di mettere nel piatto una foglia bucherellata: alcuni clienti lo capiscono, tanti no.

Quante gioie vi dà l’orto in questo esatto momento della stagione?
Crippa:
 In Langa non tante a essere sinceri. È un periodo di transizione, indeciso tra l’inverno e la primavera. Cavoli, broccoli e topinambur sono ormai scadenti. Hai voglia di piselli, fave e asparagi ma non sono ancora pronti. Oggi con questa temperatura fai fatica a ottenere verdure che non vengano dalle serre riscaldate. Ed è un momento difficile anche per l’umore delle persone. Il cambio di stagione è sempre bastardo. Per questo attendo sempre con ansia aprile e maggio. Io godo con zucchine, fagiolini e melanzane. E coi peperoni di Carmagnola, che arrivano fino alle porte di ottobre.

Oltre alle verdure tout court, sull’orto di Castiglione Falletto crescono oltre 500 erbe da tutto il mondo

Non inizia forse ora il momento degli asparagi?

Crippa: Quasi ovunque la stagione è adesso ma non qui dove tutto è più umido e fresco. L’anno scorso abbiamo raccolto asparagi quando altrove non se ne trovavano quasi più. Come vedi laggiù, noi non li cresciamo in serra.

Danusso: È una pianta che chiede molta attenzione. Dura 10 anni ma nei primi due non li devi raccogliere. D’inverno stanno sotto paglia e concime. A ogni fila devi creare il letto sotto: letame, sabbia, terra, concime, paglia… una faticaccia. 

Con che ritmo aumentano le specie dell’orto?

Crippa. Di continuo. Walter ha la testa qui anche quando torna a casa: accende il computer, trova una senape che gli piace su un sito inglese, mi chiama e la compra. Abbiamo appena acquistato i semi della butterfly sorrel, un’acetosella che ricorda le ali di una farfalla: ha il contorno rosso e una striscia nera dentro. È bellissima ma è anche difficile che attecchisca. Un problema è che spesso le aziende specializzate vendono sementi che non si riproducono. Lo fanno apposta per costringerti a comprarle di continuo. Le nostre zucchine trombette, zucchine bomba gialle, potimarron o le zucche hokkaido sono tutte acquistate da gente di fiducia. Dopo averli asciugate bene, conserviamo i semi al fresco per la semina successiva. 

Danusso. E’ importante anche scegliere il terreno adatto a ogni singola specie. Nel sabbioso pianteremo asparagi, finocchi e carote perché è più drenante, e pazienza se ha meno proprietà. Sulla superficie più dura cavoli, pomodori e rape.

Oggi si dice che bisogna sprecare il meno possibile, cucinando di un vegetale anche parti che tradizionalmente si scartano.

Crippa. Giustissimo, però per farlo bene occorre una conoscenza che va oltre il concetto generico di stagionalità. La parte legnosa dell’asparago, per esempio, la puoi centrifugare solo nei primi giorni successivi alla raccolta: dopo non è più dolce. Un carciofo ha caratteristiche organolettiche molto diverse all’inizio e alla fine del suo ciclo commestibile. La lattuga asparago se la raccogli nella settimana giusta è dolcissima, altrimenti ha un cuore che risulta troppo amaro. Per questo motivo vorrei ma non posso inserirla in carta. Troppo volatile. 

Un’iperstagionalità molto complessa da manovrare una volta in cucina.

Crippa. Ah certo, ma è ciò che mi tiene sempre sveglio e attento nel mio lavoro. Il motivo che mi obbliga a essere quasi sempre al ristorante. E quello per cui per me è impossibile aprire progetti paralleli di consulenza.

Un Piazza Duomo 100% vegetariano? Sarebbe figo. Nel frattempo sta mettendo a punto un secondo orto, “Una serra di soli fiori ed erbe aromatiche ad altezza d’uomo con vasconi di terra riscaldata”

Ci sono specie che non potete piantare o che non attecchiscono bene?

Crippa. Sì. Abbiamo provato a mettere giù dell’aglio orsino raccolto in montagna, ma senza esito. E’ strano perché qua vicino, alla Chiusa di Pesio, ne cresce in grandi quantità. Forse è l’assenza di un bosco nei paraggi che scoraggia certe colture, chi lo sa. Abbiamo anche provato a piantare delle castagne d’acqua e delle mandorle di terra, due tuberi, ma non vengono su. Poi ci sono altre piante, come i getti novelli dell’insalata, che purtroppo hanno un ciclo brevissimo che scoraggia la coltura.

Danusso. La frutta in genere qui è difficile perché fatichiamo a trovare pesche e pere autoctone, si trovano solo quasi piante clonate. Coltiviamo splendide nespole di Langa, puciu, giuggiole… Le mele risultano spesso spaccate o bucate: non le puoi presentare. E i pomodori ce li facciamo praticamente solo per noi.

Crippa. Sì, anche perché occorre riconoscere che quelli del sud Italia sono più buoni. L’anno scorso ne ho piantati un po’ ma sono scoppiati tutti per l’eccesso di pioggia. In compenso, peperoni e melanzane vengono da dio. Così tutte le varietà di cavoli, biete e rape dell’inverno: cavolo nero, green lance, tronchuda… Cipolle come la tropea rossa o quelle giapponesi. E poi le carote bianche, le arancioni, le amsterdam…

Danusso. È un esperimento continuo, lastricato di imprevisti. Ora stiamo facendo trattamenti particolari per tirar su della salicornia, che notoriamente cresce vicino al mare. Ho preso della sabbia di mare, l’ho mischiata con dell’ammendante e una soluzione di sale marino… Speriamo bene.

Un lavoro immenso. I clienti al ristorante ve lo riconoscono?

Crippa. Non sempre. Ora c’è un po’ più di cultura sulla verdura. Ma capita spesso la gente che si siede e pensa: ‘sono in un 3 stelle, mica posso ordinare due zucchine’. Preferirebbero un rombo d’allevamento spagnolo a un’Insalata 21, 31, 41 (uno dei piatti firma di Crippa, che nel picco di maggio mette assieme 51 verdure e fiori eduli diversi, ndr). Francesi e scandinavi sono più sensibili alle verdure degli italiani. Ma i vegetali sono fondamentali per un’infinita serie di motivi, non solo organolettici.

In ciascuno dei piatti di Piazza Duomo, c’è sempre una verdura o un’erba selvatica. Diventerà mai un ristorante 100% vegetariano?

Crippa. Sarebbe figo. Ma occorre coraggio per abbandonare tutte le proteine animali che allignano del dna di Langa: la fassona, l’agnello sambucano e gli animali da cortile come il coniglio o il cappone. Potrebbe essere penalizzante rinunciare a una parte di clientela. Forse potrei aprire un secondo ristorante, chissà. Di sicuro non servirei ingredienti classici vegetariani come frullati di soia, seitan o tofu. E studierei molto le tecniche di conservazione per superare l’inverno, il vero scoglio di un’orticoltura che sia autosufficiente.