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di Giuseppe De Pietro

L’albero può essere anche plasmato e riportato ad’un opera d’arte contende al sole la densità della luce, poco oltre un ulivo pi la sua anima all’arte, il ramo come in una danza; in distanza le sezioni di un lungo tronco orizzontale mostrano il loro cuore gentile, l’anima segreta. Entra così nel panorama del rilancio, il dialogo fra uomo e natura, che ricolloca l’architettura al centro del paesaggio come attitudine dell’uomo a creare la bellezza.
L’artista, che lega la sua creatività, che porta nei musei tronchi, foglie e pietre comincia a radicare nei parchi alberi allo scopo di intercettare quel che egli stesso definisce la vocazione naturale alla scultura insita negli esseri viventi. Li vediamo in gallerie d’arte di ogni parte del mondo, è dunque ora in Italia, con un percorso che unisce per la prima volta opere non solo in legno, ma anche in bronzo e in marmo che alimentano suggestioni diverse.
Un lungo ramo disteso e un grande tronco sradicato niente hanno che li distingua dalla vegetazione “viva”, sembrano messi lì, come spie, per ascoltare il dialogo segreto della “natura tempio”, per carpire l'”oltre”, quasi che l’artista sfidi la natura a individuare i “clandestini”, a cercare di addomesticarli in modo che, quando egli li ricondurrà nel suo studio, possano svelargli quanto appreso. Altre opere invece si uniscono con la vegetazione: una piccola figura si staglia con ingenua prepotenza sul panorama del magnifico paesaggio urbano, come una novella va ad abbracciare un alloro, forma bronzea e forma arborea si intersecano l’una nell’altra, chi per prima cederà il suo mistero?
Un albero rovesciato ospita fra le sue radici un albero vero, in questo caso un olivo, all’interno un sistema di irrigazione lo nutrirà d’acqua per tutta la durata della mostra: il gesto estremo di chi, perduta ormai la sua vita, ne lancia un’altra verso il futuro. L’arte ci appare intensa per questa sete di vita che propaga, arcaica e futura al contempo.
Uno degli artisti mi dice che: “Gli alberi per me sono un’idea di scultura perfetta (…), l’albero è un essere vivente che fossilizza il suo vissuto nella sua forma, ogni parte, ogni singola foglia, ogni singolo ramo è presente per una necessità legata alla sua sopravvivenza, alla sua vita; non c’è nulla di casuale nell’albero, nulla in eccesso o in difetto, la sua forma è esattamente quello che gli serve per vivere e per la sua strategia di sopravvivenza. Possiamo chiamare azione il crescere di una foglia, di un germoglio, di un ramo; tutte queste azioni sono registrate nella sua struttura, quindi il ritrovare la forma dell’albero all’interno del legno, della materia legno, è, secondo me, una tautologia della scultura perfetta. Nel mio lavoro ho usato quasi sempre dei materiali che sono tradizionali della scultura, ed è il motivo che la rende atemporale, non legata a un momento storico preciso: il bronzo è un materiale che si usa da millenni, così la creta, così il carbone, la grafite”.
Alcune di queste opere sono stati in mostra in importanti gallerie d’Europa. Un rapporto che in questi anni non solo alcuni artisti hanno realizzato con antica perizia artigianale le sculture ma ha anche risolto i complessi problemi tecnici legati alla statica delle forme filiformi chiamate a sostenere gli enormi tronci plasmati, ne è un esempio: un albero alto, con un volto umano all’interno costituito da oltre 300 foglie verdi.