di Chiaru Gualtieri

Non è raro notare nelle nostre passeggiate, per strada, nei negozi, nei spazi verdi della città persone che intrattengono lunghe discussioni con i propri animali. Loro si fidano di noi, ci amano, e se li lasciamo soli diventano tristi.

Vediamo persone con cani, gatti ed altri animali esotici o addomesticati, che cercano di rappresentare i pensieri dell’animale. Questi comportamenti sembrerebbero corrispondere ad un tentativo di antropomorfizzazione dell’animale, nutrito, dal punto di vista psicologico, da un importante sentimento affettivo.
I cani analizzerebbero il linguaggio dell’uomo usando i due emisferi proprio come noi: quello sinistro per il tono, quello destro per le parole, hanno una comprensione del nostro linguaggio molto più sofisticata di quanto ritenuto finora e riescono a cogliere le diverse componenti del nostro linguaggio. Emerge, infatti, che i cani sanno riconoscere i suoni e sono in grado di analizzare anche le parole e la loro intonazione.
Ciò non significa assolutamente che i cani comprendano tutto ciò che viene detto loro, ma semplicemente che fanno attenzione a diversi aspetti della comunicazione: cioè non solo a ciò che diciamo ma anche a come lo diciamo, analizzano le informazioni trasmesse dal linguaggio umano in aree differenti del cervello, proprio come noi.

Quali sono le basi che consentono la comunicazione fra uomo ed animale? E fino a che punto i nostri pets sono in grado di comprenderci? Comparando il cervello umano e quello del cane, che, alla presenza di stimoli uditivi e vocalizzazioni con diverse intensità emotive, il cervello degli animali, analogamente al nostro, attiva le aree laterali della corteccia uditiva, in misura maggiore quando il tono è positivo.
Questo significherebbe che gli animali sono in grado di recepire la tonalità affettiva che diamo alle nostre frasi. Tuttavia ciò non dimostrerebbe la comprensione del linguaggio. Gli esperimenti sui primati per l’apprendimento di parole si sono mostrati, infatti, fallimentari: gli animali non dispongono di un apparato fonatorio evoluto, delle aree cerebrali deputate alla comprensione e alla produzione del linguaggio e quindi della possibilità di costruire una comunicazione, ovvero un sistema di simboli e significati. L’unico animale che sembrerebbe fare eccezione è il pappagallo, ma le sue abilità si limitano all’imitazione e alla riproduzione di suoni, nonostante il sentirli “parlare” desti sempre un certo stupore.
E’ possibile affermare che naturalmente gli animali comprendono più facilmente i propri simili. Tanto è vero che, i cani erano molto più ricettivi ai suoni di altri cani – interspecifici – piuttosto che alla voce umana e, viceversa, i soggetti umani rispondevano con una attivazione maggiore alle vocalizzazioni di altri umani.
Il loro comportamento così ricettivo agli stimoli emotivi, che ci da la sensazione di essere capiti, nello specifico pastore tedesco e border collie di un gene per il recettore dell’ossitocina, soprannominato “l’ormone dell’amore”, il quale ha un ruolo fondamentale nella formazione di legami sociali ed affettivi e nella riduzione dello stress.

Il cane è certamente più esplicito nelle manifestazioni d’affetto e scodinzolerà allegro al suo proprietario in qualsiasi occasione. Il gatto, invece, non ama essere disturbato e quando non ha voglia di interagire non tarderà a farlo capire con graffi, morsi o soffiando nervosamente. Eppure, anche i gatti hanno risposte emotive ben specifiche alla presenza dell’uomo.
I nostri animali ci comprendono sulla base dell’intenzione di comunicare con loro, ma soprattutto attraverso la comunicazione non verbale, cioè attraverso tutti quegli aspetti espressivi (tono di voce, postura, gestualità, espressioni del viso etc.) che non sono altrimenti ascrivibili al contenuto del messaggio stesso.
Appurato che non è tanto importante cosa si dice, ma come lo si dice, si può dire che gli animali, seppur meno evoluti, possono insegnare qualcosa di molto utile anche a noi umani.

Si cade spesso nel confronto tra cani e gatti in termini di dedizione all’uomo: i felini appaiono disinteressati, poco affettuosi, molto indipendenti e particolarmente slegati dalla figura dei loro proprietari. Ma è davvero così? Una recente ricerca suggerisce come i gatti siano altrettanto fedeli agli umani quanto i cani, solo che lo dimostrano con modalità differenti. E noi, sappiamo capire quando il nostro cane “ci parla” con il corpo?
il comportamento dei gatti invece e la loro psicologia per scoprire perché dimostrino meno attaccamento all’uomo rispetto ai cani. Perché, in altre parole, l’evoluzione del cane ha portato l’animale a seguire fedelmente gli ordini del proprietario, mentre il gatto così non si comporta? È forse un animale svincolato dalla relazione emotiva con gli esseri umani?
Il comportamento felino in presenza umana, discriminando tra l’esistenza di una pregressa relazione oppure il contatto con uno sconosciuto. Sebbene non manifesti apertamente la propria gioia, il gatto ha una serie di reazioni fisiche se in contatto con il proprietario, come l’orientamento delle orecchie in direzione della voce, la dilatazione delle pupille a indicare un forte stato d’eccitazione interiore e specifici movimenti della coda. L’attività celebrare aumenterebbe e il tipo di sensazione connessa alla fiducia non sarebbe tanto dissimile da quella provata dai cani. Inoltre, vi sarebbero specifici tratti comportamentali che indicano quanto la relazione con l’uomo sia pregna: i gatti sono abituati dagli essere umani a comportarsi da cuccioli anche in età adulta – si pensi al gioco con palline, fili e via dicendo – fatto non condiviso da esemplari cresciuti in libertà, senza interazioni con altre specie.

Perché i felini stentano a dimostrare il loro affetto? Si ipotizza si tratti di un retaggio atavico. Date le sue dimensioni ridotte, il gatto è solitamente abituato a mimetizzare gli stati di malessere per non essere facile vittima dei predatori. La stessa motivazione sarebbe alla base della carenza di manifestazioni felici esplicite: un momento di festosa debolezza, nella natura selvaggia, potrebbe essere loro fatale. In conclusione, i gatti sono fedeli e amorevoli tanto quanto i cani. Ma anziché leccare il viso del proprietario o scodinzolare a più non posso, ci concedono una più silenziosa dilatazione della pupilla.