di Giuseppe De Pietro

All’epoca ero artefice di quello che il Brasile ha di più prezioso e sconvolgente: la forza della natura. Le nuove generazioni, oggi mantengono viva questa passione. Non lontano dove a quel tempo abitavo, nei pressi del Jardim Botanico a Rio de Janeiro.
Mi sento un uomo profondamente legato alla natura. L’osservazione, il contatto, l’amore per la natura sono la mia vita. Si tratta di qualcosa che va al di là della sensibilità ecologica. Si tratta di un rapporto molto stretto, una simbiosi, come quando nel breve periodo che ho vissuto a Rio, tanti anni fa, intrattenevo ad osservare con il banano che avevo nel cortile in casa di Gisela, con il ramo di avocado che sbatteva contro la sua finestra, con la bacinella di alluminio che si riempiva di pioggia come un bicchiere d’acqua e andava controllata, accarezzata, semmai svuotata di tanto in tanto. Era questo il mio piccolo mondo che vivevo. Dove il verde domina ogni angolo del Brasile, dove il silenzio è spesso motivo di brividi e di pensieri; in questo scenario dove le rocce intarsiano le strade e la sabbia entra nelle case e nelle chiese, dove anche la salsedine ne fa parte, in questo quadro nasce il Brasile che ho nel cuore.


E’ vero, esiste una parte fondamentale della mia attività che è la fotografia con gli animali, la gente, la natura. Fotografie che sono espressione del periodo di Rio per poi incontrare l’altro aspetto della comunicazione; il giornalismo. Però esiste un’altra parte occulta, che io chiamerei le mie radici, la mia vita di reporter, come fotografo dove incontro me stesso.

Qui, rivivo una nuova avventura, dopo tanto tempo che non ritornavo in Brasile, in un modo diverso di vedere, in questo immenso Paese dove la natura è protagonista assoluta. Dove è uno dei Paesi del pianeta con maggiore diversità biologica: dove ospita infatti una buona parte della totalità di specie viventi. Il venti per cento della flora, il dieci per cento delle specie di anfibi e di mammiferi e quasi il venti per cento degli uccelli del mondo sono ospitati nei grandi ecosistemi brasiliani: dalla Foresta Amazzonica alla Mata Atlantica fino al Pantanal.

Molti appelli sono stati fatti, malgrado il grido di allarme per l’Amazonia sta rischiando di trasformarsi una specie di luogo comune. E oggi l’accanimento nel distruggere un ecosistema dove ogni elemento ha una funzione precisa, dai vermi della terra alla ronda che gli urubu e i falchi compiono instancabilmente, è ancora peggiore che in passato. Il repentino cambiamento di clima alle mutazioni dell’ecosistema amazzonico, le correnti umide che il polmone del pianeta esala sono oggi sempre più scarse, fanno più fatica a scendere lungo la dorsale del continente. Che sia questa la ragione è verosimile; ma anche non fosse l’unica, è ovvio che la pervicace volontà dell’uomo di ridurre un ambiente di natura così peculiare e così vasto ha e avrà conseguenze terribili.

Attraverso gli splendidi ambienti dei parchi nazionali più famosi del Nord Est: il Parco di Jericoacoara nello stato del Ceará, il Parco del Delta del Rio Parnaíba e il Parco dei Lençóis Maranhenses nello stato del Maranhão. Dalla moderna città di Fortaleza alla mitica spiaggia di Jericoacoara, una delle piú belle spiagge del mondo, circondata da un sistema di dune mobili che avanzano continuamente all’incessante soffiare dei venti; dalla Lagoa Paraiso, uno specchio di acqua dolce verde smeraldo, alle selvagge isole del Delta del Rio Parnaiba, un vero angolo di Amazzonia, ammantate dalla foresta di mangrovie; dai Piccoli Lençóis a Caburè, striscia di sabbia racchiusa tra il mare e le rive del Rio Preguiça. Infine una meraviglia della natura: il Parco Nazionale dei Lençóis Maranhenses, l’inesplorato e remoto “Deserto Bianco”, una scoperta recente per la geografia e ancora un mistero per la geologia, un mondo “mobile” di dune di sabbia bianchissima intercalate da lagune cristalline verdi e blu dove vivono sparpagliati i “caboclos”, popolazione nativa che si dedica all’agricoltura e alla pesca. Per finire a São Luís, una delle più belle città coloniali del nord-est.

Tre meraviglie paesaggistiche e naturalistiche adornano il Nordeste, tre Parchi nazionali costieri capaci di mostrare al visitatore un Brasile diverso, ecologico e incontaminato, lontano dalle immagini stereotipate di Rio e del suo Carnevale. Il Parco Nazionale di Jericoacoara, nello stato del Cearà, risulta formato da un’enorme distesa di bianche dune mobili di sabbia finissima, estesa per duecento chilometri, alternata a lagune d’acqua cristallina, spiagge paradisiache bordate da palme e bizzarre formazioni rocciose. Suo epicentro è l’omonimo semplice villaggio di pescatori che neppure il turismo è riuscito a guastare, anche perché ci si arriva soltanto in fuoristrada guadando fiumi su zattere, e la sua favolosa spiaggia attira surfisti da ogni dove.

Il Parco Nazionale del Delta del Rio Parnaìba, nello stato del Piauì, un fiume lungo poco meno di duemila chilometri, che segna il confine con il Maranhao, protegge per tremila chilometri l’habitat formato dall’unico fiume americano con delta sfociante in mare aperto su un fronte di settanta chilometri, uno splendido ecosistema del litorale e uno dei grandi santuari ecologici del Nordeste, formato da 80 isole semiselvagge, boschi di mangrovie, dune e lagune popolate da piante esotiche, alligatori, anaconde, iguane, scimmie urlatrici, bradipi, uccelli variopinti, granchi e pesci piranhas.
Il massimo si raggiunge però forse con il Parco Nazionale Lençòis Maranhenses, nello stato del Maranhao, oltre duecento cinquanta chilometri di dune di finissima sabbia candida accumulata dal vento marino, intercalata da una miriade di lagune di acqua dolce cristallina color verde e blu.

All’apparenza sembra un deserto, con la differenza che qui da dicembre a maggio piove intensamente e l’acqua si convoglia negli avvallamenti, formando veri e propri laghi interdunali periodici anche di ampie dimensioni. Un ecosistema straordinario, una singolarità geologica di una bellezza irreale, unico al mondo. All’interno si trovano due ampie oasi ed un fiume, le spiagge ricoperte da mangrovie ospitano granchi e tartarughe marine e le lagune uccelli migratori.
Alle spalle si trova invece la mata, spessa vegetazione tropicale, dove vivono di agricoltura primitiva e pesca i caboclos, indigeni locali.
Per le sue enormi dimensioni il Brasile, più che una nazione sembra essere un continente, dove trova posto un po’ tutto e il suo contrario. Per i brasiliani degli altri stati, ad esempio, il Nordeste pare costituire un mondo a sé, quasi estraneo al resto del paese, perché qui la natura è diversa, si parla un dialetto differente e spesso incomprensibile, le abitudini, la cucina e lo stile di vita si differenziano parecchio dal resto del paese.

Il Nordeste corrisponde a quella regione atlantica dove il Sud America raggiunge la sua massima estensione in larghezza, spingendosi a fondo nell’oceano.
Copre nove 9 stati, rappresenta il 20 per cento del territorio nazionale e il trenta per cento della popolazione e costituisce la zona storica per antonomasia perché qui avvennero i primi sbarchi dei conquistadores e sorsero le prime piantagioni, come attestano diverse belle città coloniali. Infiniti chilometri di costa offrono ciò che resta della Mata Atlantica, la fiorente foresta fluviale ricchissima di biodiversità e di endemismi animali e vegetali, più antica di quella amazzonica, che ricopriva per un centinaio di chilometri verso l’interno tutta la costa brasiliana; fu la sua ricchezza di legname ad attirare l’interesse dei colonialisti, che ne distrussero gran parte per fare spazio alle piantagioni di canna da zucchero, cacao e palme. Oggi, per l’estensione dell’arido interno, rappresenta una delle zone più povere e quella dove vive la maggior parte degli afro-brasiliani, il cui retaggio africano è ancora molto forte su musica, religione, cucina e folclore. In compenso possiede le spiagge più belle e incontaminate, chilometri di sabbie finissime deserte bordate da palme e da dune, con un clima tropicale tutto l’anno.

E le dune rappresentano proprio la maggior peculiarità. Si tratta di colline di sabbia bianca alte fino a quaranta metri, punteggiate da lagune trasparenti e da pozze di acqua dolce cristallina, che il vento sposta in continuazione. Ad Almofala, ad esempio, una chiesetta del ‘700 e un villaggio indio furono interamente ricoperti da una duna mobile nella fine dell’ottocento e sono riaffiorati soltanto a metà degli cinquanta. Jericoacoara la spiaggia più bella del Brasile e tra le dieci spiagge più belle del mondo: da un lato dune e piscine naturali, dall’altro formazioni rocciose fino alla Pedra Furada, un grande arco di roccia che è diventato il simbolo dello stato del Cearà, questo è il Brasile da conoscere, con gli occhi del viaggiatore, non del turistajericoara.

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