di Giuseppe De Pietro

Le foreste pluviali sono famose per le loro piogge, e le loro precipitazioni che sono in media di 2 metri all’anno. Giovane italiano lascia tutto per vivere nella foresta selvaggia

Lascio tutto per vivere nella foresta selvaggia per anni ho vissuto una vita normale con un buon lavoro, una moglie e una casa. Poi all’improvviso una piccola crepa si è insinuata nella mia quotidianità e ho capito che il mio presente non era ciò che desideravo realmente. Assiduo frequentatore di corsi di sopravvivenza in natura, sono partito per una spedizione di tre settimane nei boschi della KamchatkaRussia settentrionale come un eremita, tornato a casa ho capito che quella passione per la vita selvaggia non procedeva di pari passo con la vita familiare e lavorativa. Dopo il fallimento del mio matrimonio, sono quasi caduto in un periodo di depressione che si è intensificato quando anche sul lavoro le cose hanno iniziato ad andare male. Così ho deciso di lasciare tutto ed andare a vivere nella foresta. Mi sono licenziato, ho venduto la casa, ho salutato la mia ex moglie, a cui ho lasciato uno dei miei due cani, e sono andato in Amazonia. Oggi vivo in una capanna, mi nutro di bacche, ortiche e rane, mentre la carne riesco a procurarla in un villaggio. Della mia vecchia vita ho portato con me solo le macchine fotografiche Leica, da documentare la natura in tutti i suoi aspetti, e il suo smartphone con ricarica ad energia solare. La tecnologia, vi assicuro, mi serve solo per dare un’occhiata al mondo industrializzato, inoltre insegno tecniche di sopravvivenza in natura e pubblico le foto di tutto il necessario per vivere una vita “into the wild”.

Mi chiedevo; perchè voglio scappare nella Foresta Amazonica? Semplicemente perchè qui in Europa fa freddo, nella foresta sempre caldo. Qui c’è inquinamento di ogni tipo; nella foresta non c’è nulla di contaminato e la notte si possono vedere tutte le stelle. Qui è pieno di persone, nella foresta se ne incontrano poche al giorno e sono prevalentemente indigeni, gente molto cordiale e divertente. Qui si vive nello stress: orari, lavoro imposto, ed altre amenità; nella foresta esiste solo l’alba ed il tramonto ci si regola di conseguenza e non è un problema se non si riesce a fare qualcosa – lo si fa il giorno dopo con calma. Qui servono molti soldi solo per pagare l’affitto e per mangiare; Nella foresta si può vivere pescando e mangiando vegetali e frutta molto buoni con 0 spese. E’ possibile recarsi ogni tanto in città per comprare il necessario. L’unico pericolo sono i serpenti ma qui nella civiltà ci sono le auto guidate da ubriachi/drogati, pazzi che ti sparano per strada, aziende che mettono merda nel nostro cibo.

In Amazonia so già cosa troverò, ci ho vissuto per più di 2 mesi. Troverò tutte le cose elencate sopra. Una comunità di indigeni molto cordiali e disponibili; una natura incontaminata, acqua limpida a non finire, cascate, pesce a volontà, frutti squisiti e tutto senza dover sganciare un solo centesimo. Il mio obbiettivo è costruire una casa/capanna su un pezzo di terreno; creare un piccolo orto e costruire un piccolo impianto fotovoltaico artigianale per avere un minimo di energia elettrica utilizzabile per luci, ricarica di batterie etc. La zona in questione è una riserva protetta e di proprietà di comunità indigene. E’ possibile accordarsi con loro per farsi cedere una piccola parte di terreno.

Nelle foreste pluviali vivono una moltitudine di insetti, animali, piante e microrganismi, circa i due terzi delle specie animali e vegetali conosciute sul pianeta vivono in queste foreste; ce ne sono talmente tante che ad oggi se ne possono scoprire ancora di nuove. E’ stato stimato che per identificare tutti gli insetti della selva Amazzonica siano necessari almeno 3600 anni, questo dato nasce anche dal fatto che ci sono pochissime persone che lavorano a questo proposito. Pensate che in un solo albero sono state contate una settantina di specie di formiche diverse.

Nelle terre estreme, sarà il risultato di un complesso e lungo itinerario culturale, che ho appreso, in modo mediato e per lo più inconsapevole, e sono un appassionato. Abbandonare il vivere civile per affidarsi alla foresta è tema medievale, sconosciuto al mondo classico, dove semmai esiste la fuga, ma per mare. Il termine stesso foresta (dall’inglese forest) deriva dal latino foris (fuori), in sostituzione dei classici silva e saltus, con il preciso significato di luogo dove ci si estrania in contrapposizione a quello di vita abituale.

L’attrattiva medievale della foresta può essere un’innovazione di matrice celtica, ma può anche essere messa in relazione al diffondersi e proliferare delle foreste, in concomitanza con le variazioni climatiche che si sono verificate e che hanno reso l’Europa più umida, fredda e buia, come ormai pare accertato. Nell’immaginario collettivo è soprattutto la selva delle Ardenne o in altre zone d’Europa, che diventa il prototipo di una foresta sconfinata e misteriosa in cui tutto può avvenire, dalle azioni più straordinarie agli incontri più imprevedibili.
La foresta rimane per lungo tempo il luogo dove si ritrova se stessi, Scelgo la la vita nella foresta come luogo in cui le convenzioni del sesso e del rango sono temporaneamente rovesciate in favore della scoperta di verità, amore, libertà e soprattutto giustizia. E’ il ritornare: il perdersi nella foresta non è un’esperienza definitiva, bensì momentanea, finalizzata ad una crescita che diventerà vantaggiosa quando si rientrerà nella società civile. Sono profondamente fiero di questa seconda occasione e descrivendo il mio viaggio con parole che costituiscono la prima presa di coscienza e la prima espressione del fascino della vita selvaggia. Questo è da mettere in rapporto alla nuova capacità di acquisisce e di percepire il fascino, nel senso di attrazione coinvolgente, del non-armonico, cioè del selvaggio.
A chi volesse approfondire questa questione rompendo con la vita tradizionale, con la famiglia, con la società in cui si trova a vivere per un ben preciso desiderio di autonomia e di affermazione personale, diventa il prototipo del ribelle, di colui che abbandona il tipo di vita che altri (nel mio caso mio padre) avevano predisposto per me, per cercarsene un’altra, in base ai suoi ideali, alle sue convinzioni e alle sue aspettative.

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Queste premesse per dire che la mia vicenda si radica in una ben consolidata tradizione medievale e moderna, in cui la fuga nella foresta è prima essenzialmente “ricerca” per poter poi ritornare nella società di partenza arricchiti, successivamente soprattutto segno di ribellione, fuga e rottura rispetto alla precedente situazione personale, con l’aggiunta dell’elemento più recente, la ricerca della sintonia con la natura, conquistata la quale, sembra probabile che io sarei ritornato rinnovato nella società. Scego l’avventurarmi nella foresta (arricchita dal fascino che ha la natura la cui spettacolarità è più accentuata come ribellione, ma anche come ricerca di sé ed occasione di stabilire un rapporto pieno e soddisfacente con la natura.

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Ora vorrei prendere qualche spunto di ciò che ho vissuto nella precedente esperienza per aprire squarci di confronto. Ho visto che capire il fascino della foresta ed esprimerlo per me è stata una conquista recente. Ancora oggi posso, però, trovare testimonianza di chi quest’emozione la scopre per la prima volta. Un’escursione sulla Foresta amazonica, scopre il fascino di questa realtà che in un primo tempo non è nemmeno in grado di individuare, tanto da scambiare per nuvole le colline, che poi lo incantano a tal punto che solo una voce che lo chiama per nome può distoglierlo dalla fissità del contemplarle.
Gli effetti secondari dei sogni, in cui affronto il tema del perdersi, ma all’interno stesso della nostra società; in quest’opera prendo infatti in considerazione la situazione di coloro che, per ribellione e per abbandono di se stessi, vivono nella nostra società senza più rispettarne le regole e le convenzioni.
Infine vorrei prendere spunto da un’altra situazione per un ultimo accostamento. Se gli uomini potessero ancora vivere come gli antenati all’epoca dei mammut e delle tigri dai denti a sciabola o se invece la nostra specie si fosse allontanata troppo dalle radici e non fosse più in grado di sopravvivere senza gli artifici della civiltà. Questo pensiero era il motivo ispiratore di cui, confinato in una situazione di mancanza dei supporti della società civilizzata, non era riuscito a sopravvivere.
La vita nella foresta pluviale è limitata a poche comunità di indigeni, nonostante la zona sia ricca di cibo e acqua, la sopravvivenza in queste zone è praticamente impossibile se non si hanno le conoscenze e le abilità necessarie.

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Orientarsi nella foresta è molto difficile mentre perdersi è molto facile, la fitta vegetazione fa perdere qualsiasi senso di distanza e dimensione. La fitta coltre di foglie e rami talvolta impedisce di vedere il cielo, incutendo un senso di smarrimento. Per farsi un’idea più precisa del territorio e della direzione da intraprendere ci si può arrampicare fino alla cima di un albero.
Per un claustrofobico ritrovarsi in una foresta pluviale è come ritrovarsi in un incubo, anche una persona normale si sentirebbe schiacciata dal senso di oppressione e di disorientamento che la foresta infonde. La marcia nella giungla è sempre molto lenta, ci vogliono tempi molti lunghi per coprire anche distanze minime. A seconda di quanto sia fitta la foresta si posso no percorre anche meno di un centinaio di metri all’ora.

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La marcia nella foresta è parecchio difficoltosa, il terreno è costantemente bagnato e viscido e la superficie sulla quale si cammina è formata da foglie e alberi in decomposizione nonchè da fango. In queste condizioni slogarsi una caviglia o rompersi una gamba può essere molto facile. Inoltre bisogna stare attenti ai serpenti, è molto facile scambiare qualche ramo per uno di essi. Di solito i serpenti non attaccano l’uomo se non si sentono minacciati, ma se mentre marciamo ne pestiamo uno, esso reagirà di scatto mordendoci una gamba. L’umidità all’interno di una foresta pluviale è insopportabile (nelle stagioni più calde può raggiungere anche il 98%). Anche se la temperatura si aggira intor no ai 30 gradi, per colpa della forte umidità si è bagnati fradici di sudore e in questi presupposti ci si disidrata in fretta. Abituatevi a piogge improvvise e abbondanti anche più volte al giorno. Nella foresta pluviale è una normale prassi essere costantemente fradici dalla testa ai piedi, sia per le piogge che per l’umidità.

CONSIGLI UTILI:

Nella foresta i pericoli arrivano anche dell’alto, gli animali più pericolosi in queste zone sono scorpioni, zanzare e serpenti, di questi ultimi c’è ne sono di moltissime specie molte delle quali velenose.
Per non perdere l’orientamento se lo trovate seguite un fiume, potrebbe portarvi fino al mare o alla civiltà. Se si intraprende una marciata nella foresta è sempre consigliabile portarsi dietro un machete per farsi strada nella fitta vegetazione. Il machete può anche tornare utile come arma da difesa e da caccia.
Non camminare mai scalzi e coprite bene piedi e gambe; poichè spine, formiche e altri piccoli insetti potrebbero creare ferite che in un ambiente come questo si infetterebbero subito, inoltre un’adeguata protezione può proteggere contro morsi di ragni e serpenti e punture di scorpioni.
Se seguendo un fiume notate che il rumore delle acque diventa sempre più forte, fate attenzione perchè potreste essere vicino a una cascata.
Se volete oltrepassare un ostacolo (come una cascata o un pendio) potete sfruttare le liane, tiratele con tutta la vostra forza finchè non si staccano dall’albero, poi utilizzatele come corde magari unendone più di una per allungare la corda. Le liane sono molto resistenti e possono tornare utili per mille scopi.

ACQUA:

Se si trova un fiume bisogna fare molta attenzione a bere la sua acqua. Esistono dei segnali che vi potrebbero far capire che l’acqua è buona: quando scorre velocemente (cioè quando non è stagnante), quando appare limpida e pulita o quando trovate animali come plecotteri e piccoli gamberetti che ci nuotano.
Prima di ingoiare l’acqua, bagnatevi un po’ lingua per assaggiarla: se è inodore e insapore potete berla.Dove bevono gli animali, l’acqua è sicuramente innocua anche se non c’è la sicurezza che sia potabile.
Masticando un filo d’erba o succhiando un sassolino umido si può alleviare il senso di sete per un po’ d i tempo. L’acqua può trasmettere ogni sorta di virus e microbi, ed è la prima causa di dissenteria e malattie nella foresta, quando ci si avventura in queste zone è sempre ideale portarsi una scorta d’acqua minerale, delle tavolette purificanti o un pentolino per poter bollire l’acqua. Compresse o pastiglie potabilizzanti per purificare l’acqua. In queste zone gli attacchi di dissenteria vi possono colpire molto facilmente.
La diarrea disidrata il corpo dall’acqua e dai sali minerali, e aumenta il rischio di avere un colpo di calore e in un ambiente umido e caldo come la giungla sarebbe una combinazione letale. Esistono diverse piante che potete sfruttare per rimettere in sesto lo stomaco, la maggior parte delle medicine presenti sul mercato vengono create sfruttando le piante delle foreste pluviali.

CIBO:

La giungla non offre a gente inesperta cibo sufficiente per poter sopravvivere ma facendo occhio ai particolari qualcosa si trova sempre. Nella foresta non bisogna sforzarsi a cacciare, cercare animali o costruire trappole ci si può cibare con tutte le piante che la flora offre.Potete mangiare i frutti selvatici caduti dagli alberi, le piante leguminose, le noci di cocco, i germogli di palma, le radici delle piante rampicanti.
La varietà di cibi che si possono trovare nella giungla sono molteplici: banana, ananas, fichi, mango, arachidi, avocado, miglio, riso, canna da zucchero, papaia, bacche varie, datteri, germogli delle palme, larve di insetti e termiti, miele selvatico, grilli, uova di formiche, bruchi (quelli senza peli), serpenti (togliere testa, pelle e intestini prima di cuocerli), lucertole, pipistrelli, pesci bianchi, anguille, gamberi ecc.
Se trovate delle rane non mangiatele poichè c’è ne sono molte tossiche e velenose, a maggior ragione se la loro pelle è colorata con colori troppo appariscenti e brillanti.
Non mangiate mai funghi, potrebbero essere tossici o velenosi, il loro apporto nutritivo è talmente basso, che se anche siete esperti di funghi non vale la pena rischiare.
Se riuscite a costruire un arco potreste utilizzare il veleno di scorpioni, serpenti e rane per fare delle frecce avvelenate. Spesso le piante che contengono succo lattiginoso sono velenose.
Se vi trovate nei pressi di un grosso fiume potete pescare di notte sfruttando la luce di una torcia. Per costruire una torcia prendete un bastone solido e avvolgetegli intorno una corteccia di palma con della resina di canfora in modo che continui a bruciare. I pesci di notte sono più docili, inoltre sono attratti dalle fonti luminose, tenendo la torcia vicino alla superficie dell’acqua i pesci si avvicineranno, approfittate del momento per colpirli con un legno duro, una volta storditi afferrateli velocemente.
Le termiti si possono mangiare, anche se sono molto piccole danno un gran apporto proteico, a parità di quantità anche più del manzo e del pesce, bisogna però mangiarne molte per ottenere un pasto decente.

LA NOTTE E IL RIFUGIO:

Il momento peggiore quando ci si perde nella giungla è l’arrivo della notte. La notte nella foresta arriva all’improvviso ecco perchè bisogna organizzare un bivacco prima che diventi buio. Nell’equatore le ore di buio e le ore di luce sono uguali. Per costruire un rifugio scegliere sempre una zona sopraelevata. E’ di primaria importanza, quando possibile, accendere un fuoco, meglio se fumoso per non diventare il pasto di zanzare e altri insetti.
Le punture di zanzare oltre a essere molto fastidiose possono trasmettere malattie come la malaria e la febbre dengue. A volte accendere un fuoco nella foresta pluviale può essere molto difficile per via delle continue piogge e per la difficoltà a trovare della legna asciutta. Quando si accende un fuoco potete costruire sopra di esso un piccolo tetto, sfruttando le grosse foglie delle palme, in modo tale che la pioggia non lo spenga subito.
Se non si possiede un accendino, un fiammifero, una pietra focaia o un acciarino si può utilizzare una lente degli occhiali o il quadrante dell’orologio o un fondo di bottiglia o un pezzetto di vetro, o qualsiasi cosa che possa concentrare i raggi del sole sull’esca, sempre che la zona in cui vi troviate non sia coperta dal tetto della foresta.
Oppure potete accendere il fuoco utilizzando il famoso archetto. Per il rifugio evitare il letto di fiumi asciutti, fare attenzione ai nidi di formiche e alle caverne per l’eventuale presenza di animali feroci. Non realizzate il rifugio direttamente sul sentiero ma leggermente spostato, poichè la notte potrebbe essere battuto dai predatori.
La prima cosa da fare per organizzare il bivacco a terra è pulire il terreno circostante da sterpaglia, rami e foglie in modo che si il più uniforme possibile, per farlo non utilizzate le mani ma un bastone. L’ideale è fabbricare un’amaca con le liane e poi agganciarla a due alberi. Per ripararsi dalle forti piogge si può costruire un tetto sopra il letto in cui ci si riposerà, utilizzando delle grosse foglie di palma o di banano. Ove possibile si può costruire un rifugio rialzato sfruttando la biforcazione di un albero costruendo una piattaforma con canne e rami.Se trovate un nido di termiti potete bruciare le feci secche sopra un fuoco, il fumo prodotto sarà un ottimo repellente antizanzare.

NAVIGARE UN FIUME:

Se trovate un fiume abbastanza largo potete costruire una zattera per muovervi più velocemente attraverso la foresta. La legna per costruire una zattera in una foresta non manca mai, potete sfruttare cortecce e liane per legare i vari tronchi. Se mentre navigate nel fiume vedete delle mangrovie intorno a voi, vuol dire che state lasciando la giungla e vi state avvicinando al mare. Se la corrente diventa molto forte lasciate subito la zattera e proseguite a piedi fino alla costa, se vi lasciate trasportare potreste essere trascinati in mare aperto.

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