di Giuseppe De Pietro

La cucna di Igor è natura, arte, architettura e… amore per ciò che fa. Avevamo già parlato di architettura con Igor Macchia, territori senza confini che si intersecano e creano suggestioni e nuovi mondi possibili. Fiori ed erbe spontanee si prendono la rivincita: elementi di decoro e abbellimento estetico ma anche, e soprattutto, protagonisti delle nuove tendenze in cucina.

Igor Macchia contempla la natura in tutte le sue molteplici forme – fiori, erbe aromatiche e spontanee e germogli secondo i ritmi delle stagioni. Igor raccoglie e cerca i fiori e le erbe nei sentieri delle colline torinesi, tra Rivalba, Moncucco, Sciolze, Pecetto e porta con sé una complice ed alleata, Viviana Sorrentino, naturalista, esperta di erbe spontanee e raccoglitrice. Vere e proprie esplorazioni dove i momenti migliori sono quelli in cui le erbe e i fiori sono stati asciugati dai raggi del sole o prima del tramonto. Il rituale di cogliere le erbe è anche nutrimento per il corpo e per l’anima.

Fiori di timo selvatico, ficaria, germogli di pisello, violette e girasoli, cerfoglio e rucola selvatica e poi lunaria annua, gallum odoratum, menta acquatica… Ogni erba e fiore ha una storia e una leggenda da raccontare e ogni racconto è un ingrediente da inserire nel piatto della cucina di Igor, un viaggio nelle tradizioni e nei sapori tra antiche saggezze che rischiano di perdersi. Il verde regna in cucina con grazia, leggerezza e armonia, legando fra loro cibi ed ingredienti, una cucina dominata dall’amore per le cose buone e semplici.

Igor segue la scuola alberghiera cittadina, fra i fuochi, i sacrifici bastano ad amare in lui la vocazione a quei tempi il menu è tutto agnolotti e grigliate, un po’ poco per un cuoco per scoprire quest’arte, lanciatosi nell’avventura da patron di un locale avviato.

È così che fa decollare il ristorante La Credenza di San Maurizio Canavese, la carriera di Igor respira. Trasferte, stages, persino lunghe pause di lavoro nei posti giusti.
Nel frattempo anche la cucina italiana fa take off. «Mi reco annualmente in Asia per promuoverla. Mi serve per non ‘giocare in casa’, vedermi dall’esterno e capire anche il cliente più lontano. Quando ho iniziato, se non c’erano l’aglio e il pomodoro, non capivano. Ma oggi la mia immagine è cambiata. Perché la cucina ha imboccato la strada del gusto senza compromessi, valorizzando i prodotti nel modo più radicale. La trasparenza. Anche alla Credenza metto meno cose nel piatto: tre elementi ormai possono bastarci per stupire».