di Giuseppe De Pietro

L’attrice, Cristiana Capotondi ha le idee molto chiare: «Il cinema può salvare il mare” e noi attori abbiamo l’opportunità di sfruttare la nostra immagine per realizzare qualcosa di buono, per comunicare dei valori e occasioni come questa diventano perfette per farlo.

Il programma pensato per affrontare tematiche di rilevanza globale legate ai problemi che stanno intaccando l’ecosistema marino e costiero, con lo scopo di promuovere, specialmente tra i giovani, un senso di cultura ambientale, il programma One Ocean nasce come organo indipendente e non politico e punta a diventare un motore per iniziative locali e internazionali che coinvolgano stakeholder di ogni ambito sociale e una piattaforma per promuovere best practice.
Se ne parla ogni giorno, nel 2050, in mare, i pescatori tireranno su più plastica che pesce e, presto, il continente più grande del mondo sarà un’isola di plastica. Dirlo così non è come dire che il mare è inquinato, la forza delle immagini è che parlano più delle parole. Per questo l’attrice Cristiana Capotondi è diventata managing editor di una serie di cortometraggi, che definisce «piccoli film firmati da grandi registi, per mettere la forza immaginifica e simbolica dello strumento cinematografico al servizio di un’emergenza, quella della salvaguardia del mare». A Milano One Ocean Forum, in programma al Teatro Franco Parenti il 3 e il 4 ottobre prossimi. Lo fa con One Ocean Foundation, una fondazione nata a marzo con lo Yacht Club Costa Smeralda e presieduta dalla principessa Zahra Aga Khan. Il vicepresidente, il commodoro Riccardo Bonadeo, navigando da una vita, ha visto moltiplicarsi gli avvistamenti di rifiuti in modo esponenziale. La sua prima, drammatica, volta era già un monito al peggio: «Fu nel mezzo della tempesta che l’11 agosto 1979 uccise nel Mar Celtico quindici compagni della regata Fastnet. Mentre cercavo di salvare pelle e barca, vidi all’orizzonte un lenzuolo bianco di 15 metri per 30. Era un’isola di plastica che, in quelle condizioni di mare estremo, era difficile aggirare o fendere». Oggi, secondo l’Onu, ogni anno finiscono in mare otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Il progetto One Ocean Film Unit sarà presentato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia il 4 settembre, con una conferenza stampa, un blue carpet e il primo ciak del regista Paolo Genovese».

Alla sostenibilità dell’ambiente marino di One Ocean è stato sviluppato sulla base di quattro temi, che rappresentano le tematiche più urgenti e di maggior rilievo connesse allo stato attuale degli oceani: le microplastiche, oggi presenti in enormi quantità in tutti i mari del pianeta (si parla di migliaia di miliardi di frammenti, in grado di arrecare danni estremamente significativi alle catene alimentari e alla vita degli ecosistemi marini);
il cambiamento del clima, responsabile dell’acidificazione delle acque e dei conseguenti effetti sul benessere e sulla conservazione degli habitat oceanici;
l’implementazione delle Blue Technologies come opportunità di sviluppo dell’economia marittima (o blue economy), utilizzando l’innovazione e la ricerca come base per nuove politiche produttive e commerciali; l’Ocean Literacy, ovvero la diffusione di una cultura che permetta la comprensione dell’influenza che l’oceano ha sulla nostra vita e l’influenza che le nostre scelte e le nostre azioni hanno sull’oceano.
Per sottolineare il carattere divulgativo di One Ocean Forum, oltre alle relazioni di taglio scientifico, a cura di figure di rilievo del mondo accademico ed esponenti di agenzie internazionali, sono previsti interventi maggiormente orientati a un coinvolgimento allargato, tenuti da personaggi legati al mondo del mare a vario titolo, con la passione per questo elemento come tratto comune.
Il mondo delle imprese e del business può fornire uno straordinario contributo in tema di sostenibilità ambientale: ogni azienda, ogni istituzione privata o pubblica infatti può, adottando pratiche virtuose, avere un impatto positivo sulla salvaguardia dell’ambiente marino. A questo riguardo, un momento importante del Forum sarà rappresentato dai Lab, tavoli di lavoro a tema promossi da aziende ed istituzioni private che hanno come obiettivo quello di stabilire una roadmap a tappe, relativamente ad obiettivi da raggiungere in ambito marine preservation. Ai tavoli di lavoro, oltre a rappresentanti delle imprese promotrici, parteciperanno studenti universitari (selezionati da Sda Bocconi), esperti e studiosi internazionali (tra cui alcuni membri del comitato scientifico di One Ocean Forum) e giornalisti. Il 4 ottobre, nella seconda e ultima giornata del Forum, verranno presentati i contenuti e le idee elaborate durante le sessioni di lavoro e le azioni pratiche che le aziende coinvolte intendono adottare in relazione alle quattro tematiche portanti di One Ocean Forum.
Non mancherà infine la presentazione di alcuni progetti già implementati da aziende che hanno sviluppato alternative sostenibili per la conservazione dell’ambiente marino. Ogni best practice verrà presentata utilizzando la modalità Pecha Kucha.

A conclusione del Forum verrà redatta la Charta Smeralda, un documento volto a promuovere la consapevolezza sui principali aspetti di impatto ambientale legati alla vita degli oceani e a definire ambiti di intervento concreti, immediati e focalizzati alla risoluzione dei problemi. Rivolta principalmente agli amanti degli oceani e degli sport nautici, a chi vive il mare per passione e per sport, alle strutture che ne promuovono e supportano l’attività, quali, ad esempio, Yacht Club, porti turistici, approdi e marine, la Charta si propone di essere ulteriormente diffusa, promossa e condivisa da istituzioni e organizzazioni di varia natura, pubbliche e private, nazionali, internazionali e sovranazionali, che ne condividano la portata e i contenuti. Di fatto essa dovrà stimolare tutti i destinatari ad assumere consapevolezza delle tematiche più scottanti e intervenire con soluzioni coerenti ed immediate. Sarà sancita dalla firma ufficiale della Charta Smeralda da parte della principessa Zahra Aga Khan e il commodoro dello Yccs, Riccardo Bonadeo.
Cristiana, cosa vedremo?
«Paolo, grande appassionato di mare, girerà nel bacino di San Marco, alla Compagnia della vela, su un set aperto a stampa e curiosi. Scopriremo lì i dettagli, da lui. Intanto, è una gioia, che nonostante l’impegno di giurato al festival, trovi il tempo per avviare il film».
Gli altri registi?
«Italiani e stranieri, svelati piano piano: è un progetto che vogliamo portare avanti a lungo, mostrando poi i corti ai festival e nelle scuole. L’obiettivo è sensibilizzare le coscienze, invertire i comportamenti. Ci piacerebbe costruire una comunità aperta al contributo di tutti. Vorrei invitare le persone, quest’estate, a postare sui social foto e video di mare violato, usando gli hashtag #OneOceanFoundation e #ChartaSmeralda, che è il nostro codice etico con dieci principi a tutela del mare. Se vogliono, possono taggare me, @cristianacapotondi, e Paolo, @paologenoves».
Lei è spesso al mare anche fuori stagione?
«Il mare è il mio elemento. Sentire l’acqua salata nelle narici è il mio ritorno all’infanzia. Ho letto che il 73 per cento dei nostri geni è uguale a quello del plancton marino: insomma, siamo cibo per balene. E io ho sempre creduto in una visione panica: piante, terra, mare e uomo sono una stessa realtà multiforme e questo dà il senso di quanto l’uomo si faccia male facendo male alla natura. Il mare, per esempio, nutre i pesci di cui noi ci nutriamo, ma che sono sempre più inquinati, da microplastiche, da idrocarburi, da scarichi di ogni tipo».
Lo stesso studio che ha citato, pubblicato su «Science» del 2015, ha svelato che la metà dell’ossigeno che respiriamo viene dal mare’
«Io penso al mare come a un organismo vivente. La saggezza popolare l’ha sempre considerato salutare, ci si portano i bambini perché fa bene e per molti tipi di riabilitazione muscolo-scheletrica sono raccomandati i bagni di mare».
Quale era il suo mare da bambina?
«La Sardegna. Ci passavo le estati e, ancora oggi, ho la necessità di sentire quella stessa stanchezza a fine giornata. I miei bagni preferiti sono quelli “di rapina” in porti puliti che non ti aspetti. In Sardegna, vado sempre a Porto Pino. I bimbi fanno la fila per i tuffi sul pontile, si danno i voti, torno bambina anche io».
Quest’estate, il suo mare qual è?
«Ora è quello di Salerno, dove sto girando “Attenti al gorilla” di Luca Miniero, ed è un mare molto italiano che diventa subito profondo, popolato di materassini, famiglie, o fatto di calette raggiungibili solo coi gozzi».
A maggio, la Commissione europea ha proposto norme come lo stop a piatti e bicchieri in plastica. Lei è pronta a cambiare abitudini?
«Io, a Milano, riempio le bottiglie di vetro nelle “Case dell’acqua” pubbliche. Tutelare gli oceani significa tante cose, rinunciare a oggetti in plastica usati per cinque minuti ma che si decompongono in cento anni, non gettare in acqua gomma americana, che impiega cinque anni a decomporsi. Dobbiamo tutti “pensare blu”».
Una sua definizione dell’idea di Andare lontano?
«Essere liberi di immaginare mille vite diverse. E poi riuscire a trovare la determinazione per vivere con coraggio. Sognare in grande».
Da romana, ha i suoi «luoghi del cuore»?
«Vado spessissimo a nuotare, la mia piscina è un po’ un posto di vacanza. Ho bisogno di stare a contatto con l’acqua, e non solo durante la stagione estiva, mi fa ritrovare».
Sul suo profilo Instagram c’è da invidiarla un po’: le foto in mare non si contano.
«Io il mare non smetto mai di frequentarlo. Lo vivo proprio come una persona che ti restituisce qualcosa, che ti dà libertà».
Nella sua bio su Instagram scrive: «La semplicità è la sofisticazione suprema». «L’ho trovata un giorno leggendo delle pagine di Leonardo Da Vinci e ho pensato di farla mia. È un’aspirazione. Amo gli approcci semplici, vorrei raggiungerla in ogni aspetto fondante della mia vita».