di Franco Petti

Se c’è qualcosa che mi affascina è Il deserto ed il popolo dei tuareg, non solo guardando molti documentari e letto molti libri, a volte concentrandomi e ricavando della mente le storie lette, mi immedesimo al tal punto che mi sembra di essere con loro,nei deserti immensi,tra colori ancestrali che solo Madre Natura sa dare! “Sento la sabbia che sferza i suoi strali spinta da in vento roboante, minaccioso, che sposta la sabbia a velocità’ vorticosa e nelle orecchie sibila un suono sinistro,cupo che trascina con se’ le tracce della vita quotidiana di queste genti. Il capo dei miei amici son coperti da turbanti azzurri,il viso da grandi fazzoletti blu. Si vedon solo gli occhi che,in questo luogo primordiale, son gli unici a parlare, a comunicare, a raccontarsi, occhi pieni di luce.

Deserto, colori brillanti che cambiano a seconda delle ore della giornata e dell’intensità del sole e, sullo sfondo, mitiche popolazioni locali che si spostano con i cammelli con un abbigliamento quasi elegante e distinto. Queste immagini non sono per nulla lontane dalla realtà e i viaggiatori che amano l’avventura e conoscere a fondo pure i luoghi meno turistici, possono scegliere una vacanza di tale tipo. A patto, ovviamente, di possedere un minimo di resistenza, di non essere intolleranti alle eventuali temperature elevate e di indossare degli abiti informali e adatti all’occasione. Via orpelli e tacchi, per sostituirli con sciarpe a coprire i capelli dalla sabbia, pantaloni chiari e possibilmente lunghi e scarponcini. Un itinerario sicuramente da provare, in questo senso, può riguardare l’altopiano del Tassili n’Aijjer a piedi. Si tratta di una sorta di “santuario”archeologico tra le oasi, dove si possono fotografare testimonianze di arte rupestre ritrovate nel secolo scorso. Davanti a voi, uno spettacolo impareggiabile, fatto di dune, gole e canyon.

Chi sono i Tuareg? Sono un popolo berbero, di solito nomade che si sposta lungo il deserto del Sahara. I luoghi dove è possibile trovarli sono il Mali, il Niger e poi l’Algeria, la Libia, il Burkina Faso e il Ciad. Parlano un dialetto particolare e il loro nome significherebbe “abitante del canale”. Fra di loro si indicano con il termine di Kel tamahaq, cioè “coloro che parlano la tamahaq”. Spesso sono di statura alta e molto magri con corporatura scura. Questa però non è necessariamente la costante e i tratti possono pure essere del tutto differenti. Praticano l’Islam come religione e credono in diverse leggende. Sono legati, infatti, ad una certa forma di animismo. Tuttavia, sono meno rigorosi con
le donne rispetto alle altre culture islamiche e queste possono addirittura divorziare dal marito. Se ciò accade spetta al sesso femminile la tenda e tutto e al consorte non resta che ricostruirsi una vita. Quasi sempre si ricomincia dal cercare ospitalità presso parenti di sesso femminile.

Sono loro ad aver iniziato ad usare i dromedari per gli spostamenti. Una scelta intelligente, visto che sono piuttosto resistenti e possono muoversi per giorni usufruendo delle loro riserve di acqua. Sono detti pure Uomini Blu perché spesso si coprono con stoffe di questi colori che usano pure come copricapo. Non di rado per il caldo restano residui di tale gradazione cromatica pure sul corpo. In ogni caso le sfumature sono differenti a seconda della casta a cui appartengono. I più ricchi scelgono l’indaco, la gente comune preferisce nero e il bianco è per i servi e per gli schiavi. Nel tempo, hanno imparato a mangiare senza togliersi l’abito e il velo è d’obbligo solo per gli uomini. Le donne devono
metterlo, invece, in testa. Se è vero che si usano moltissimo i cosmetici, altrettanto famosa è la cerimonia del tè, bevanda che offrono ai loro ospiti. Ha un significato simbolico e non di rado viene gustato ai bordi del deserto, dopo un attento rituale tradizionale del popolo tuareg.