di Franco Gualtieri da Buenos Aires

Il sottoscritto ed il mio fotografo raggiungiamo gli studiosi napoletani partendo
dalla Patagonia, verso il Mare di Ross è una profonda baia situata in Antartide tra Terra della Regina Vittoria e Terra Marie Byrd. Oltre la metà del mare di Ross è costantemente coperta da una spessa coltre di ghiaccio detta Barriera di Ross che ha una superficie di circa 500000 km².
A sorpresa, in Antartide il Mare di Ross è diventato più salato: nell’arco di quattro anni la sua salinità è aumentata di cinque volte rispetto alla variabilità naturale e la causa potrebbe essere nel processo di formazione di ghiaccio marino. Il fenomeno potrebbe avere conseguenze sul livello degli oceani perché le acque supersalate rendono più dendi gli stati profondi, riducendone il volume. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications, è del gruppo dell’università Parthenope di Napoli coordinato da Giorgio Budillon.

I dati sono il frutto di progetti di ricerca, come il MORSea, coordinato da Pierpaolo Falco dell’Università Parthenope, svolti nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra),  finanziato dal Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca. Basandosi su 23 anni di misure, gli studiosi hanno calcolato la variabilità nel tempo della salinità del Mare di Ross, dove “si forma una massa d’acqua caratterizzata da un valore relativamente alto di salinità, che la rende densa e pesante” dice all’ANSA Falco.
Quest’acqua, aggiunge, “si muove sul fondo, mescolandosi con un’altra massa con cui forma le acque più dense e profonde del pianeta, le Antarctic Bottom Water che sono parte di un circuito che negli oceani ridistribuisce calore, CO2, e muove le correnti”. A Baia Terra Nova, “dove si formano le acque super salate – spiega Falco – vi è stato un trend di diminuzione della salinità di 0.04 parti per mille per decade, dal 1995 al 2014, per poi rimbalzare dal 2014 al 2018 quando è aumentata di 5 volte rispetto alla variabilità naturale”. La causa più probabile è legata al ghiaccio marino, che “quando si forma – spiega Falco – rilascia sale”, ma per confermarlo c’è bisogno di altre ricerche.

In Antartide nel Mare il Ross è una miniera di dati per chi studia il clima. Dai ghiacci e dallo studio dei sedimenti del fondale si possono ricavare informazioni sui cambiamenti climatici del passato, dinamiche antiche che ci aiutano a migliorare i modelli di previsione dei cambiamenti futuri. Qui si trovano anche gli indizi per studiare dinamiche attuali, come la complessa relazione tra la fusione dei ghiacciai sulla calotta e le correnti oceaniche; in particolare la corrente circumpolare antartica, la corrente che muove la maggiore massa d’acqua del pianeta e che ha una grande influenza sulla regolazione del clima a livello globale


Per raccogliere questi dati, team di oceanografi, geologi e climatologi passano mesi a bordo di navi da ricerca come la OGS Explora, una nave lunga 73 metri che può ospitare 24 ricercatori, oltre a un equipaggio di 18 persone. La OGS Explora, di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS), è una nave da ricerca “classe-ghiaccio” (cioè che può navigare nelle acque polari).
Anche se la nave è attrezzata come un laboratorio, una missione sulle acque polari è un’esperienza faticosa: questo video in realtà virtuale racconta l’esperienza dei ricercatori e dell’equipaggio della OGS Explora durante i due mesi della missione antartica.

Se noi tendiamo a immaginare questa zona come un’immensa distesa di ghiacci – le riprese fatte durante un’estate antartica eccezionalmente calda come quella di qualche anno fa di ghiaccio ne mostrano ben poco. Oltre a essere un indizio preoccupante sugli effetti del riscaldamento globale, l’assenza di ghiaccio ha permesso ai ricercatori di raggiungere zone quasi inesplorate del Mare di Ross, una vasta insenatura dell’Antartide che normalmente è inaccessibile a causa di una spessa barriera di ghiaccio galleggiante.

La missione è stata l’ultima per la OGS Explora. Oggi le spedizioni polari italiane partono a bordo della rompighiaccio Laura Bassi, che il 24 dicembre partirà dalla Nuova Zelanda per una nuova missione in Antartide, per le attività della nuova campagna del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide.

Sono  in partenza per una lunga missione in Antartidealcuni ricercatori dell’Università Parthenope di Napoli per partecipare ad un importate missione di ricerca a bordo della nave rompighiaccio Laura Bassi. La spedizione per due mesi si occuperà di monitorare e posizionare una serie di strumenti per la valutazione della variabilità oceanografica.
Lo studio vede impegnata l’Università Parthenope da oltre trent’anni in un progetto nell’ambito del Pnra, Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, finanziato dal Ministero dell’Università e Ricerca e coordinato dal Cnr per le attività scientifiche e dall’Enea (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
Gli studiosi, partiranno con gli altri colleghi italiani per  Singapore e di qui per Christchurch in Nuova Zelanda.
Dopo i 14 giorni di quarantena obbligatori, raggiungeranno la nave Laura Bassi che li condurrà in Antartide verosimilmente la notte della vigilia di Natale.
La destinazione finale dei ricercatori è il Mare di Ross dove per due mesi saranno studiati i mooring, i punti fissi di osservazione della variabilità oceanografica, del progetto Morsea (Marine Observatory of the Ross SEA); anche se già durante la navigazione tra la Nuova Zelanda e il Mare di Ross verranno raccolti i dati attraverso la Corrente Circumpolare Antartica e saranno posizionati a mare diversi strumenti che continueranno a lavorare anche in assenza degli studiosi.

Così racconta il professor Budillon: “L’Antartide è il laboratorio naturale del nostro Pianeta è l’unico posto della nostra Terra dove la presenza umana è ancora così ridotta. È anche il barometro naturale, il luogo adatto dove studiare ed analizzare le variazioni climatiche. Inoltre è un posto affascinante ed unico nel quale l’uomo si adatta con difficoltà, coordinandosi con una natura estrema e dove la temperatura invernale può arrivare a 80-85 gradi sotto lo zero“.